Il calcio è un gioco, una professione, ma pure una grande opportunità per costruire solidi rapporti umani come hanno fatto da giovani Bortolo Mutti ed il compianto Carlo De Bernardi ai tempi nell’Atalanta nella stagione 1981/82.
Un’amicizia che il tempo non ha sfiorito(perché vera) e che ha portato Mutti ad essere presente nel 2010 all’intitolazione del campo della Borsanese proprio al suo amico Carluccio, scomparso prematuramente nel 2009.
Mutti un solo anno con l’Atalanta, però subito amici lei e Carluccio.
Il feeling è stato immediato dentro e fuori dal campo. Lui veniva da una stagione precedente con l’Atalanta non buona per la retrocessione in serie C. Ma assieme, quell’anno, ci siamo messi sulle spalle il peso dell’attacco ed abbiamo riconquistato subito la serie B.
Uno rapido che sapeva andare negli spazi ed io, che ero più di area di rigore, mi trovavo a occhi chiusi perché in area ero sempre uno contro uno e facevo valere la mia forza. Comunque di gol ne faceva anche Carlo, ma da attaccante di movimento arrivava poco lucido sotto la porta. E la porta spesso ti frega.
Carlo era una persone molto disponibile: genuina. E anche quando le strade si sono divise, siamo sempre rimasti in contatto. Quando sono stato all’inaugurazione del campo sportivo ho conosciuto la famiglia di Carlo ed ho capito da dove arrivava la sua serenità.
Non organizzato o schematizzato come quello di oggi. Esisteva l’impianto di squadra, ma si lavorava molto sulle individualità e noi che eravamo in attacco, avevamo libertà di fare e d’inventare. Se Carlo andava da una parte, io andavo dall’altra e i gol arrivavano.
Penso di sì. In un bel 4-3-3 con Carlo attaccante esterno ed io in mezzo.
Non è mai stato alla festa della Dea che organizzano i tifosi? Ci vada e porti anche gli amici. Per una settimana intera alla sera vi sono dalle settemila alle diecimila persone che vanno vestite con le maglie e le sciarpe dell’Atalanta. Capirà tutto. A Bergamo la gente non dice vado alla partita, ma “vado all’Atalanta”. È nel nostro dna. L’Atalanta è allo stesso tempo la morosa, l’amante, la moglie. Tutti insieme.
Diciamo che qui a Bergamo c’è un fortissimo cordone ombelicale che lega questa società, questa squadra al territorio.
Spiace anche vedere che Immobile, Cerci e lo stesso Ballotelli vadano all’estero. Ci sono anche problemi di bilancio, però occorre mettere un freno agli stranieri. Occorre fare qualcosa altrimenti Conte farà fatica a fare una squadra.
Vero. Purtroppo il nostro calcio guarda molto ai risultati e ha poca pazienza nel fare crescere i giovani. Ci sono delle logiche che vengono anche sponsorizzate dai media quando invece servirebbe più cultura calcistica.
Da solo non può fare nulla. Le intenzioni sono buone ed anche la volontà, però occorre un lavoro di squadra perché per come stanno le cose basta che una o due società si mettano di traverso e tutto di blocca.
Per il momento niente di concreto, solo qualche interessamento. Spero che questo silenzio non duri per molto. Questo perché mi sento ancora un allenatore, e la mancanza del campo la senti eccome.
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