– «In quel teatro e in quel ristorante potevamo esserci anche noi. Chiunque ha scelto una vita normale e pacifica è nel mirino dei terroristi, a prescindere dalla sua fede religiosa». A dirlo è , cardanese originario del Bangladesh, che prova a squarciare quel velo di sospetto verso gli islamici in quanto tali che si sta diffondendo dopo le stragi di Parigi. Shaju ha 31 anni, è cresciuto qui con i suoi genitori, da sette anni ha la cittadinanza italiana e ha una famiglia con tre bambini.
«Quando ho saputo di quello che era successo a Parigi e dei 129 morti, tra cui dei bambini al ristorante, mi veniva da vomitare – racconta Shaju, che fa l’operaio turnista e abita a Cardano al Campo – anch’io ho tre bambini e non riesco a pensare a quello che hanno fatto questi schifosi fondamentalisti. Sono molto triste e dispiaciuto per quello che è successo a gente che non c’entra niente. È una cosa odiosa, che non può essere accettata da nessuno al mondo».
Shaju è di religione islamica, anche se ammette di non essere un praticante assiduo, come invece i suoi genitori e sua moglie. «Ma nessuna religione di questo mondo ammette che si possa andare ad ammazzare – spiega il cardanese del Bangladesh – Il terrorismo è contrario a tutte le religioni, è una sconfitta per tutti quello che sta succedendo. Ed è comodo usare la religione come alibi per commettere queste nefandezze».
Non ci sono “se” e “ma” rispetto a quanto compiuto dall’Isis a Parigi e in tante altre occasioni: «Il mondo cambia, e cambierà ancora, ma dove ci sono questi fondamentalisti terroristi le cose peggiorano» ammette Shaju.
Eppure sembra quasi che sia l’Islam in quanto tale, senza troppe distinzioni, ad essere finito sotto accusa dopo i fatti di Parigi. «Anch’io vado ai concerti e al ristorante con gli amici e la famiglia, anch’io avrei potuto essere là dove i terroristi hanno colpito – fa notare Shaju Sha – siamo tutti sulla stessa barca, siamo tutti in pericolo. Perché la religione è qualcosa che si porta dentro, non possono capire qual è la tua religione se non sanno chi sei. Ecco perché agli occhi di quei terroristi siamo potenziali vittime anche noi di fede islamica. La distinzione è tra la gente normale, civile, che lavora, e questi terroristi schifosi. Noi che abbiamo scelto di condurre una vita pacifica siamo da una parte, a prescindere dall’appartenenza religiosa o etnica, loro sono dall’altra. Chiunque è nel mirino». È quello che Shaju vuole far capire a tutti coloro che dopo Parigi potrebbero cadere nel rischio di tentazioni xenofobe: «Le mie radici non le dimentico, ma ho fatto una scelta di vita chiara – sottolinea il cardanese – facciamo parte della comunità del Bangladesh, abbiamo dato rispetto e abbiamo guadagnato rispetto nei confronti degli italiani. Siamo vicini a tante persone cristiane, ad esempio abbiamo sostenuto la nostra Sindaca Laura Prati e abbiamo pianto per lei».