Dieci anni da precaria lontano da casa, ma alla fine i sacrifici sono stati ripagati: dal prossimo settembre, Loretta Salernitano sarà un’insegnante di ruolo in una scuola primaria della provincia di Varese. «E non ho intenzione di tornare a Messina» sottolinea.
Tra le tante storie dei precari della scuola che in questi giorni lottano per una cattedra, quella di Loretta è una delle poche che finalmente può chiudere il capitolo delle chiamate annuali per aprire quello del posto a tempo indeterminato.
Un sogno che si avvera, per la giovane insegnante, e che la ripaga di anni difficili.
«Ho scelto Varese, nel 2004, perché sapevo che qui sarebbe stato più facile lavorare e perché due amiche già vivevano qui – racconta – nella mia città, Messina, anche le supplenze erano quasi impossibili da ottenere». Loretta, quindi, prende la decisione di attraversare l’Italia, per tentare l’avventura come tanti prima di lei.
Le cose si mettono subito al meglio: «Da quando sono qui non ho mai saltato un anno – dice – ho sempre avuto una cattedra, nonostante tutte le difficoltà. Ma non a tutti va così bene: colpa del sistema delle nomine e delle graduatorie, che ogni anno si complica ancora di più, e che permette l’inserimento di nuove persone in gruppi che di anno in anno dovrebbero assottigliarsi. Conosco colleghi che si sono visti superare di colpo anche da decine di persone. Il fatto che questa cosa sia possibile è una follia».
Anche Loretta usa l’espressione «guerra tra poveri», che spesso ricorre tra gli addetti ai lavori per rendere l’idea di quello che succede ad ogni inizio dell’anno scolastico.
«Mi rendo conto che quello che fanno molti colleghi, che si trasferiscono giusto il tempo necessario ad accumulare punti per le graduatorie o per entrare in ruolo e poi tornare a casa, non è corretto».
«Nel Sud non c’è nulla»
«Ma è anche vero che non hanno molta scelta: sono del Sud anch’io, lo so bene. Laggiù il lavoro manca, anche per gli insegnanti».
Loretta, però, ha fatto una scelta definitiva: «Mi manca Messina, ovviamente. Ma anche mia madre me l’aveva detto: “Se decidi di trasferirti, non potrai tornare”».
«Ora, quindi, la mia vita è qui. E da domani anche il mio lavoro: saprò a quale scuola della provincia sono stata assegnata, e anche se sarà lontana dal mio appartamento di Varese non mi importa. È un traguardo troppo importante per farsi spaventare da qualche chilometro in auto».
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