– Non convince i sindacati dei frontalieri della provincia di Varese, il protocollo firmato tra Italia e Svizzera, riguardante il regime di imposizioni fiscale di questa categoria di lavoratori, di cui fanno parte anche circa 25mila varesini su un totale di 60mila italiani. L’accordo quadro, che per essere vigente dovrà essere comunque completato dai decreti attuativi e votato dai rispettivi Parlamenti nei prossimi mesi, andrà a sostituire quello in vigore dal 1974. L’accordo si basa su alcuni punti chiave che il Ministero dell’Economia italiano ha riassunto in una nota, dove il protocollo viene definito «uno sviluppo positivo e costruttivo che consentirà a entrambi i Paesi di migliorare l’attuale regime di imposizione dei lavoratori frontalieri».
L’accordo sarà valido nei territori compresi in una fascia di 20 chilometri dal confine; per quanto riguarda l’imposizione fiscale, la Svizzera imporrà sul reddito da lavoro dipendente fino al 70% dell’imposta sui redditi delle persone fisiche; l’Italia, applicherà le proprie imposte in base all’Irpef ed eliminerà così la doppia imposizione. Cambia anche il sistema dei ristorni, che saranno affidati allo Stato italiano, che dovrà versare ai Comuni di confine le cifre finora garantite dalla Svizzera.
I sindacati di categoria della provincia di Varese, in costante collegamento con i colleghi del nazionale, si riuniranno a febbraio per fare il punto. «Prima di dare un giudizio complessivo bisogna vedere cosa ci sarà scritto nei decreti attuativi – premette Ennio Di Bacco (Uil) – l’impressione è negativa perché il governo italiano, che evidentemente non sa più dove attaccarsi, tratta i frontalieri alla stregua di evasori fiscali». La nuova imposizione fiscale potrebbe essere un salasso per i frontalieri della provincia di Varese. «Basandosi sull’Irpef italiana i costi sono presto fatti – prosegue Di Bacco – i lavoratori dovrebbero versare tra i 300 e i 400 euro in più di euro al mese di tasse». I sindacati di categoria sono pronti a proteste anche eclatanti, come uno sciopero con manifestazione dei frontalieri a Roma. «È stato ratificato quello che di fatto già si sapeva – commenta Paolo Lenna (Cgil) – Il problema sta nel fatto che l’aliquota fiscale in Svizzera arriva al massimo al 13% mentre in Italia può arrivare anche al 40%». La Cgil chiede che nei decreti attuativi venga inserito un principio di gradualità. «Bisogna capire quando l’accordo entrerà in vigore effettivamente e fare in modo di attutire il cambio di imposizione fiscale ai lavoratori, con un sistema di compensazioni, per introdurre un principio di gradualità e spalmare su dieci anni gli effetti» prosegue Lenna. Difficile ipotizzare quando l’accordo entrerà in vigore; difficile prima del 2017.
«Non dobbiamo scendere a compromessi e i lavoratori frontalieri non devono essere discriminati – premette la consigliera regionale Daniela Maroni – basta con le guerre a suon di carta o di spot pubblicitari». Il giudizio sul protocollo firmato non è negativo. «L’incontro è senza dubbio un segnale di apertura che deve essere coltivato e sviluppato – conclude la consigliera – in commissione Italia – Svizzera siamo stati chiari e abbiamo chiesto più attenzione per coloro che varcano il confine per lavorare; viste le premesse e il lavoro svolto, con questo accordo si potrà parlare di miglioramento delle condizioni di imposizione dei frontalieri».