Ivan Basso conosce bene Vincenzo Nibali: lo ha visto crescere, ha osservato i suoi primi grandi podi e i suoi primi successi. Lo ha visto maturare, e ora applaude il corridore più forte. Il cassanese alla vigilia era convinto che il Tour fosse nelle sue corde.
È sempre difficile fare una previsione di quello che succederà in un grande giro. Non mi apsettavo nulla sullo svolgimento della corsa, su come sarebbero andati gli eventi. Mi aspettavo invece che Vincenzo si esprimesse a questi livelli, perché il suo avvicinamento negli ultimi anni è stato l’anticamera di questo successo: non è una vittoria che viene dal nulla. Già dopo cinque o sei giorni si è capito chi fosse il più forte, nella prova sul pavé ha destato una grande impressione di forza. Una supremazia che ha costruito giorno per giorno: ha dimostrato di saper controllare la corsa, di gestirla al meglio.
Le cose che io e lui ci siamo detti e che ci diciamo ancora preferisco tenerle per me. Credo che ogni atleta sia unico, ed è importante quello che pensa lui sulla mia importanza nel suo successo, più che il contrario. Ogni campione è unico, e deve essere orgoglioso della propria carriera.
Ha fatto molto spesso stagioni intere, nelle quali ha corso bene molte classiche. È un corridore solidissimo, completo, usa molta fantasia, corre bene in qualsiasi tipo di situazione. Ripeto, ha già ampiamente dimostrato di poter conquistare ogni tipo di gara.
Non sono d’accordo sulla parola “rinascita”. Sembra sempre che il ciclismo italiano sia in difficoltà. Pareva che fossimo tutti morti, ma abbiamo visto che Aru al Giro si è comportato benissimo, e ora abbiamo visto Nibali al Tour, senza nulla togliere a tutti gli altri che tanto bene hanno fatto. Il ciclismo è bello perché vive di momenti, di situazioni. Anche i francesi sembravano in crisi: beh, hanno portato due atleti sul podio di Parigi.
Nibali è una risorsa per il ciclismo italiano, ma non è il caso di fare paragoni. Non si possono mischiare le carte, ognuno ha la sua personalità. E la risposta della gente è data da molti fattori: sicuramente oggi tutto il mondo del ciclismo deve essere grato a Vincenzo. Grato per tutto ciò che ha costruito, e perché è arrivato in cima al mondo. Vincenzo ha fatto il massimo.
Sono stato suo capitano, suo collega, suo compagno di camera e di avventure per anni. Faccio il tifo per lui, e tra colleghi non è una cosa scontata. È entrato nel cuore della gente, se lo merita. La sua crescita è iniziata quando io vincevo il Giro del 2010, la sua maturazione negli ultimi tre anni è stata progressiva, importante. Il suo successo è frutto del grande lavoro che ha fatto.
Ha trovato continuità, ha vinto tantissimo. L’importante per un corridore è cercare sempre l’obiettivo successivo, non smettere mai di rincorrere il proprio sogno. Vinci, e subito dopo hai già in mente quella che potrà essere la tua prossima vittoria. È importantissimo che non perda mai gli stimoli, perché è solo all’inizio: può ancora vincere tantissimo.
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