Ivan Basso saluta Alessandro: «Questa è una salita che ci spezza il cuore»

Il campione cassanese era l’esempio da seguire per il giovane ciclista: «Non credo esista al mondo un modo superiore di fare del bene come donare gli organi»

«Sono Teresa, una mamma di Cassano Magnago. Sento una tristezza infinita per la morte di Alessandro e penso al dolore dei genitori e di Serena. Non importa se Alessandro e i suoi amici non avrebbero dovuto entrare; non importa se gli adulti benpensanti, dall’alto delle loro certezze, forse perché non sono mai stati ragazzi, sentenziano che non si scavalcano recinzioni e che quindi la colpa è unicamente dei ragazzi. Purtroppo la certezza è solo una: Alessandro non c’è

più. Tutte le persone che lo conoscevano e gli volevano bene potranno solo ricordarlo continuando a volergli bene ma con il cuore gonfio di tristezza. Anche se non lo conoscevo, andrò al suo funerale e abbraccerò forte i suoi familiari».
In questa lettera di Teresa c’è tutto ciò che noi giornalisti (anzi, una parte di noi giornalisti) non capiremo mai e che, quindi, non potremo mai scrivere: quello che rinfacciamo sempre alle star viziate dello sport o dello spettacolo, e poi non applichiamo mai a noi stessi, soprattutto a noi che i loro vizi o dolori dobbiamo raccontarli. Prima devi essere un uomo, poi un giornalista. Ce lo ricorda dolcemente Teresa, e lo ricorda a tutti quelli che davanti a un ragazzo di 18 anni che non c’è più pensano prima al titolo sul giornale (uno – purtroppo – li batte tutti: “Ex cartiera, attrazione fatale” mentre Alessandro stava lottando disperatamente contro la morte) e poi alle persone che restano qui senza un figlio, un fratello, un cugino, un amico. Quelli che continuano a cercare qualcosa, la rabbia e la polemica, lo strazio e il dietro le quinte, mentre davanti hanno già tutto: la vita (la morte) di Alessandro.
Quella vita che, come scrive Teresa e come dice Ivan Basso, va difesa anche quando non c’è più (in realtà c’è ancora, e rivive più forte in molte altre persone a cui sono stati donati gli organi, come se esistessero altri dieci o venti Alessandro in giro per l’Italia, invece che uno solo). Immedesimandosi in essa, non dall’alto di una tastiera di un computer ma dal basso della compassione e dell’umiltà che fa dire a Ivan Basso – sul comodino di Alessandro c’è ancora, e resterà per sempre, la foto del campione cassanese – le stesse parole di Teresa: «Quante volte da ragazzo sono uscito di casa all’avventura, con la voglia di scoprire qualcosa di nuovo, insieme ai miei amici. A diciott’anni siamo così».
Tornare piccoli, restando padri: «Vivo quello che è successo da papà e penso a mio figlio che esce a giocare di casa e non torna più indietro. Penso a come starei e mi comporto come se quello che è successo a papà Davide e mamma Daniela o alla sorella Serena fosse capitato a me». È la reazione che dovremmo avere tutti.
Cosa può dire Ivan Basso a Davide, da papà a papà? «In cima a questa salita che spezza il cuore, c’è un ultimo gesto che rappresenta l’essenza dell’amore. Donare gli organi di Alessandro la mattina di Natale a tante altre persone che in questo modo non moriranno è un modo di continuare a vivere una tragedia che pietrifica. Dovremmo e forse dovrei stare zitto, ma voglio dire che papà Davide è sempre stato vicino agli altri e ai giovani (è uno dei fondatori del Velo Club Cassano), e non credo che possa esistere al mondo un modo superiore a questo di simboleggiare la frase “fare del bene”».
Da ciclista a ciclista, Ivan pensa ad alta voce «a tutte le volte in cui magari Alessandro sarà uscito in bici sul Sempione, imboccando salite e discese o sfiorando le auto: magari avrà rischiato qualcosa, come succede spesso a noi ciclisti, e poi invece è successo tutto quando non doveva accadere nulla (Ivan smette per un attimo di parlare, commosso). Quando non puoi immaginarlo, ti trovi davanti a una salita che spezza il cuore». Un cuore che vive in quel ragazzo diciassettenne di Torino “rinato” nel giorno in cui Ale non ce l’ha fatta. E che, dal giorno di Natale, batte anche in tutti noi e voi.