Lo scontro tra falchi e colombe in Europa è più vivo che mai, con la Germania custode irremovibile delle regole e della disciplina di bilancio tanto che il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, criticato dai «falchi» per aver concesso credito a Italia e Francia, prova a rassicurarli «minacciando» Roma e Parigi di «spiacevoli conseguenze» se le riforme resteranno solo promesse. Ma Roma non si spaventa e rilancia la palla a Bruxelles: il premier Matteo Renzi spiega che anche il Fondo monetario internazionale (Fmi) chiede crescita all’Europa e che, quindi, «qualche domanda i partner Ue dovranno pure cominciare a farsela». Il ministro Pier Carlo Padoan ricorda, poi, che «le riforme le facciamo perché servono a noi e non perché ce lo dicono di farle gli altri».
L’avvertimento di Juncker ai due Paesi arriva, non a caso, in un’intervista al quotidiano «Frankfurter Allgemeine Zeitung», in cui il presidente Ue sembra spostare l’accento sul punto di vista caro ai tedeschi, cioè il rispetto delle regole, pena sanzioni.
Se l’Italia e la Francia non procederanno con le riforme annunciate si arriverà «a un inasprimento della procedura sul deficit», e «se alle parole non seguiranno i fatti, per questi Paesi non sarà piacevole», ha detto Juncker. Il presidente, però, difende anche la posizione espressa finora, cioè «dare fiducia agli italiani e ai francesi» perché «i governi ci hanno garantito che faranno quanto annunciato». Ma l’uscita del lussemburghese, a pochi giorni da un attacco simile della Merkel sempre contro Francia e Italia, e in vista del vertice europeo della prossima settimana, fa temere un «riposizionamento» della Commissione di Bruxelles su un fronte più rigido.
Per l’Italia, sarebbe inaccettabile: «Se perfino il Fondo monetario, che non è una sezione del Partito comunista a Washington, chiede all’Europa di investire sulla crescita, qualche domanda i partner Ue dovranno pure cominciare a farsela», ha detto il premier Matteo Renzi ai suoi collaboratori dopo l’incontro con il direttore dell’istituzione di Washington, Christine Lagarde. E il ministro Padoan, secondo cui Juncker «dice cose che già sappiamo e su cui ci siamo impegnati», lancia una frecciata in direzione Bruxelles seminando dubbi sul piano di investimenti lanciato proprio dal presidente della Commissione: «Deve
essere chiarito in molte aree, ad esempio sul calendario, perché serve qualcosa prima».
Inoltre, «bisogna chiarire princìpi e criteri in base ai quali le risorse del piano, comprese quelle dagli Stati, saranno riallocate ai progetti». Chiarimenti che la Commissione si impegna a dare, assicura il vice presidente Jyrki Katainen dopo la sollecitazione di Padoan. Intanto la Francia risponde alle accuse con un pacchetto di riforme molto ampio, che sotto il nome di «liberare, investire, lavorare», lancia una serie di misure che vanno dalla soppressione dei monopoli alla liberalizzazione delle professioni giuridiche, dall’estensione a più settori del lavoro domenicale all’apertura del mercato nei trasporti.
Sul fronte Bce, invece, Mario Draghi sembrerebbe deciso ad avviare il programma di acquisto dei titoli di Stato, come confermato anche da un’anticipazione del settimanale tedesco «Die Zeit».