Trionfo annunciato dei separatisti nel Sud-Est dell’Ucraina. Le autoproclamate Repubbliche di Donetsk e Lugansk hanno votato ieri per eleggere i loro presidenti e i loro parlamentari con una chiara sfida al governo di Kiev che rischia di minare pericolosamente il già difficile processo di pace lanciato a settembre.
Il governo ucraino – che ieri ha denunciato l’arrivo di nuove colonne militari dalla Russia – non ha alcuna intenzione di perdere un’altra fetta di territorio dopo l’annessione della Crimea da parte di Mosca a marzo, e il presidente Petro Poroshenko ha promesso una risposta «adeguata» a queste elezioni che – ha tuonato – non sono che «una farsa sotto la minaccia dei carri armati». Come primo passo le autorità ucraine hanno lanciato un’inchiesta contro gli organizzatori del voto separatista,
accusandoli di voler «cambiare l’ordine costituzionale» e «prendere il potere».
A una settimana dalle legislative che hanno visto trionfare in Ucraina i partiti filo-occidentali, i filorussi del Sud-Est sono andati alle urne con l’obiettivo dichiarato di legittimare il loro potere sui territori che occupano militarmente nelle regioni di Donetsk e Lugansk. E in questo senso hanno già trovato il pieno appoggio del Cremlino. Le elezioni nelle Repubbliche separatiste hanno dato vita dunque a un nuovo aspro braccio di ferro tra Mosca e l’Occidente, proprio mentre la tensione tra Ucraina e Russia torna alle stelle e si intensificano i combattimenti nel Sud-Est in cui, secondo l’Onu, in sei mesi sono morte più di 4.000 persone, tra cui molti civili. Il Consiglio di sicurezza nazionale di Kiev ieri ha denunciato che «continua l’intenso spostamento di mezzi militari e truppe dal territorio russo» nel Sud-Est ucraino controllato dai separatisti: una chiara accusa alla Russia, da cui per il momento non arrivano segnali di distensione.
Anzi, il vice presidente della Duma, Mikhail Marghelov, ha avvertito Kiev che sarà «obbligata a riconoscere» il voto separatista per «una questione di guerra o di pace». In realtà gli accordi di Minsk del 5 settembre prevedono una larga autonomia per il Sud-Est ed elezioni locali nell’ottica di un decentramento del potere, ma non l’indipendenza del Donbass da Kiev. E per questo le autorità ucraine hanno accordato ad alcune aree della regione uno «status speciale» per tre anni e hanno fissato le elezioni locali per il 7 dicembre (e non per il 2 novembre).
Per quanto riguarda i risultati delle elezioni, nell’autoproclamata Repubblica di Donetsk ha stravinto il leader dei ribelli: il premier Aleksandr Zakharcenko, secondo un exit poll, è stato eletto presidente raccogliendo addirittura l’81,37% delle preferenze. Anche nell’altra Repubblica separatista, quella di Lugansk, è scontata la vittoria del leader locale dei ribelli: Igor Plotnitski, un ex militare nostalgico dell’epoca sovietica. A non essere chiaro – visto che più di 930 mila persone hanno dovuto lasciare le loro case – è invece il numero degli elettori.