La battaglia di Alessandra: «Sono invalida, non fantasma»

Calvario burocratico senza fine per una luinese: ha perso il lavoro e nessuno le riconosce l’assegno

, 50 anni, residente a Luino e candidata consigliere alle passate elezioni di maggio, denuncia la propria impossibilità ad ottenere il sostegno che le spetta a causa dell’invalidità fisica, associata al suo stato di disoccupazione.

È lei stessa a raccontare la sua storia: «Sin da bambina sono stata sottoposta a interminabili e dolorosi interventi a causa di un difetto a una gamba, riportando conseguenti processi degenerativi – dice – Le mie battaglie iniziano nel 2004, quando mi viene improvvisamente tolta la possibilità di fruire come ho fatto per i dieci anni precedenti, della legge 104, che consente due ore giornaliere di permesso lavorativo retribuito, il cui importo equivalente veniva prelevato dai miei contributi versati.

Ho presentato quattro ricorsi, invano». Nel 2007 apprende di una forma di sostegno di tre anni, destinata agli invalidi con ridotte possibilità economiche: essendo in cassa integrazione ottiene l’assegno ordinario d’invalidità. L’anno seguente cambia attività, apre la partita Iva e si trasferisce a Rimini. Allo scadere del triennio non rinnova la domanda di assegno, riuscendo a sostentarsi da sola: ma dopo pochi mesi la situazione precipita di nuovo e perde il lavoro. Alessandra rinnova la richiesta per un ciclo triennale di assegni ordinari, ma la Asl di Rimini non l’approva. Fa ricorso, senza successo. «Tornata a Luino – prosegue Alessandra – apro l’iter d’iscrizione all’ufficio di collocamento e mi rivolgo ai vari enti a sostegno di persone in difficoltà. Non mi viene neppure riconosciuta la quota minima prevista per le persone disabili prive di occupazione, cioè 270 euro al mese. In più, scopro che, a mia insaputa e senza aver mai ricevuto alcuna comunicazione, mi è stata addirittura ridotta la percentuale d’invalidità, dal 75% irreversibile al 50%».

«Da tre anni denuncio questa situazione, senza alcun tipo di riscontro da parte degli organismi patrocinanti, che non vogliono procedere verso l’Inps, data la complessità del caso». Che fare allora? «Non posso permettermi di intentare cause, ma non voglio arrendermi. Mio padre mi mantiene, ma non ho più la possibilità di curare il mio sistema immunitario attraverso le consuete terapie di medicina alternativa e non riesco a trovare alcun tipo di occupazione». Avvicinandosi alla politica Alessandra ha avuto modo di conoscere situazioni di estremo disagio economico e fisico: «Il mio grido non vuole essere l’ennesima segnalazione priva di utilità, ma un vero e proprio richiamo a chi vive in trincea nel proprio Paese, venendo ignorato».