Il Branco è indivisibile, per definizione.
Il Branco è pluralità, mai singolarità.
Il Branco è tutto, mai uno. Alla regola che dà linfa vitale alla squadra di basket più vincente della provincia di Varese tutti devono sottostare con ortodossa applicazione. Anche i giornalisti.
Pertanto, in attesa di attrezzarci per un’intervista di gruppo, per raccontare il fenomeno SCS Forniture e la sua cavalcata senza macchie nel campionato femminile di Serie B (undici partite e undici successi) non potevamo che scegliere semplicemente un simbolo, una portavoce, il lupo con la testa alta che ad ogni partita e ad ogni allenamento si gira per controllare che nessuno sia rimasto indietro sul sentiero verso la meta. Il capitano.
Ovvero Giulia Luisetti, from Villa Guardia (Como) e natali cestistici canturini. Cominciamo bene: «Beh sappiate che ora mi sento varesina a tutti gli effetti – ride la guardia biancorossa davanti alle perplessità campanilistiche dell’interlocutore armato di carta e penna – Ma all’inizio ammetto che non sia stato facile il passaggio alla “varesinità” viste le mie origini».
All’inizio, esattamente quattro anni fa. Il Branco esisteva già, ma lei non lo sapeva. Ancora: «Mi volevano altre società, ma io scelsi Varese – racconta Giulia – Perché? Per quello che mi disse coach Lilli Ferri, per l’umanità che mi seppe trasmettere e per come intesi il rapporto che lei ha con tutti i giocatori. Lilli o la ami o la odi, non può restarti indifferente: ha le qualità per farci fare il salto in Serie A2,
sa tirare fuori il meglio di noi ed è una persona che ti dà tanto». Mai intuizione fu più felice: Luisetti sposa il Branco, poi si impegna a crescere insieme ad esso. «Questa società negli ultimi anni ha avuto un progetto serio, che parte dalle giovanili e arriva fino alla prima squadra. E’ un progetto inedito per il basket femminile e soprattutto per la Serie B: qui c’è uno staff di primo ordine, c’è professionalità, c’è organizzazione. Vi assicuro che non sono qualità che si trovano ovunque nel nostro movimento».
I risultati, ottenuti di stagione in stagione, hanno l’onestà di un bambino nel confermarlo, dalle più grandi (regular season dominate, playoff ogni anno, la finale promozione contro Faenza) alle più piccole (le qualificazioni alle interzona, le finali nazionali, una base che si allarga sempre di più). Promesse mantenute.
E in una Serie B cambiata nei suoi tratti somatici più importanti (fra poco ci arriviamo…), nemmeno a questo giro le biancorosse vogliono venire meno alla loro ambizione. Undici vittorie in undici allacciate di scarpe, ma se ti guardi indietro le avversarie sono ancora tutte lì: «E questo dimostra la difficoltà del campionato che stiamo disputando – osserva Giulia – Devi lottare contro tutte le formazioni, non solo contro le prime: la vittoria ottenuta con fatica a Usmate, squadra di metà classifica, ne è stata la prova. Noi dobbiamo ancora migliorare: a volte nelle difficoltà tendiamo a essere individualiste, a cercare da sole la giocata risolutiva. Non va bene: solo se giochiamo insieme, soprattutto in difesa, siamo abbastanza forti da non temere nessuno».
Prove tecniche di immortalità, scrivevamo due settimane fa: non sbagliare quest’anno è doveroso, visto che i playoff non esistono più per gentile concessione Fip e in A2 ci andrà solo la prima classificata della stagione regolare.
«Averli eliminati significa aver tolto la magia del basket – afferma Luisetti – Significa impedire a noi giocatori di vivere delle partite irripetibili, quelle in cui tutto può cambiare, quelle in cui metti in campo anche l’anima. Abbiamo provato grande rammarico quando lo abbiamo saputo, ma ora siamo concentrate su questa nuova formula, consapevoli di non poterci permettere passi falsi ».
Se Varese ce la farà, ce la farà da Branco: «Più di una squadra, più di una famiglia: è un qualcosa cui tu dai uno e ricevi dodici. Essere Branco è uno spirito che non cambia mai, che si trasmette di anno in anno alle nuove arrivate. Ed essere capitano del Branco è un onore che mi rende orgogliosa. Quattro anni fa giocavo in una squadra in cui avevo sempre la palla in mano, non mi preoccupavo di chi avevo intorno e non è stato facile capire ciò che Lilli Ferri voleva da me. Alla fine ce l’ho fatta e ora sono consapevole di dover sempre dare tutto, di dover sempre fare un passo indietro davanti alla squadra, anche a costo di sacrificare le soddisfazioni personali».