Il Sacro Monte rappresenta un faro di arte e cultura, che nei secoli ha attratto numerose personalità. Venute da fuori Varese e rimaste folgorate dalla bellezza dei nostri luoghi. Tra loro Giuseppe Montanari, la cui figura ci viene raccontata dal giornalista , ne “Le strade della memoria”, progetto portato avanti con l’associazione culturale “La Varese Nascosta”.
Marchigiano di nascita ma grande varesino d’adozione: a , nato a Osimo il 30 ottobre del 1889, la nostra città ha intitolato il piazzale della Prima Cappella su cui si apre la galleria del Gaggio, che consentiva ai tram e oggi, ampliata, consente agli autobus di raggiungere la stazione della funicolare. Un’intitolazione adeguata a un “forestiero” conquistato, come tanti altri, dal nostro Sacro Monte. Montanari giunse a Varese nel 1919, dopo gli studi classici a Fermo e il diploma all’Accademia di Brera.
Come ha scritto il critico , il maestro di origine marchigiana si distingue per l’aderenza della sua pittura al disegno e, quindi, per la “valorizzazione dei volumi in modo che ogni figura e ogni corpo restino isolati, con le loro forme architettoniche nello spazio”, uno stile che caratterizza, per esempio, il grande affresco dell’”allegoria della Provincia di Varese” nel salone della Camera di Commercio in piazza Monte Grappa. Varese fu per Montanari il punto di partenza per fortunate “escursioni artistiche” quasi in ogni parte del mondo.
Nel 1922 partecipò all’Esposizione Nazionale di Brera e nel 1924 espose alla Biennale di Venezia. Nel 1926, a Milano, fu tra i protagonisti della prima mostra di “Novecento Italiano”. Nel 1930 vinse il Premio del Carnegie Institute di Pittsburgh, due anni dopo il Premio Principe Umberto per la pittura. Negli Anni Trenta ricevette importanti riconoscimenti in occasione delle mostre allestite in Europa (a Budapest e a Parigi) ma anche negli Stati Uniti e nell’America Latina. Nello stesso periodo,
nella nostra città si dedicò in particolare agli affreschi, sull’onda del “Manifesto della pittura murale”, redatto da Mario Sironi nel 1933 per esaltare la funzione pubblico-sociale dell’arte. In particolare, nel 1939, Montanari eseguì quattro grandi affreschi per il Consiglio provinciale dell’economia corporativa (l’attuale sede della Camera di Commercio); il primo, poi cancellato, raffigurava “il Duce che protegge la virtù italica”, il secondo, già citato, l’allegoria della Provincia di Varese; il terzo e il quarto, posti sulle pareti laterali, la Giustizia e l’Alma Mater.
Montanari affrescò anche il Palazzo del Littorio, oggi sede della Questura dove la sua opera fu “oscurata” ma non in modo irreparabile. Nel dopoguerra, quando alternò la sua presenza a Varese a lunghi soggiorni nelle natìe Marche e in Liguria, eseguì nuove opere murali nella sede dell’Automobile Club, all’ospedale di Circolo e in alcune ville e fu tra i protagonisti della trasformazione di Arcumeggia in borgo dipinto. Nel borgo della Valcuvia eseguì, nel 1956, l’affresco “San Martino dona parte del mantello al povero”.
A Giuseppe Montanari, che morì a Varese il 15 aprile del 1976, è stata intitolata la sala comunale ricavata nell’edificio che ospitava il cinema Rivoli (già Gloria), nella Casa del Mutilato, costruita alla fine degli Anni Trenta, in cui il pittore aveva realizzato un affresco dedicato ai combattenti della Prima Guerra Mondiale, “mutilato”, quando la sala fu adibita a cinematografo, per far passare nella parete i fasci di luce del proiettore.