La famiglia di Ale è l’esempio per il 2016

«L’anno nuovo ce lo aspettiamo con i botti o con il botto?» L’editoriale di Marco Dal Fior

Il tempo, spiegano quelli che la sanno lunga, è soltanto una convenzione. Mentre noi ci affanniamo ancora alla ricerca dello zampone e delle lenticchie per salutare stasera il 2015 e dare il benvenuto al 2016, c’è gente, a qualche meridiano di distanza, che già sta smaltendo i brindisi della mezzanotte. Ma viviamo in una società che sulle convenzioni si regge, per cui prepariamoci anche stavolta di buon grado al rito di San Silvestro.
Prima, però, facciamoci una domanda: l’anno

nuovo ce lo aspettiamo con i botti o con il botto? Nel primo caso possiamo metterci il cuore in pace. Tra polveri sottili, siccità, afflati animalisti e pericolo di incendi, sono molti i Comuni che hanno vietato fuochi artificiali e altre diavolerie pirotecniche. Le giunte che non lo hanno fatto si sono raccomandate alla civiltà e al buon senso dei propri amministrati. Sarà una mezzanotte in sordina, come si addice peraltro agli ultimi istanti di un anno che ha regalato soddisfazioni con il contagocce. L’Europa, l’Italia, Varese hanno poco da festeggiare. Certo, c’è il successo di Expo, il ritrovato buon nome dello Stivale e della locomotiva lombarda. Ma, a guardarci indietro, i dodici mesi che stanno per esalare l’ultimo secondo lasciano negli annali soprattutto momenti bui tra attentati, terremoti, scandali. E un’immagine su tutte: quella del piccolo Aylan Kurdi, il bimbo siriano di tre anni riverso sulla spiaggia di Bodrum, con la sua maglietta rossa, i calzoncini blu e il gelo della morte addosso. Annegato mentre cercava un futuro lontano dalla guerra. Mentre inseguiva un sogno che, se ancora non era il suo, di certo era quello della sua famiglia(…) Ecco, anche noi abbiamo un sogno. Alla mezzanotte di stasera vorremmo che le bottiglie di spumante servissero a vararlo, proprio come si fa con le navi al loro primo contatto con il mare. Il sogno è che il 2016 arrivi con il botto. Che deflagri nei prossimi mesi la voglia di nuovo, di bello e di buono che si annida in ciascuno di noi. Che Varese torni ad essere il laboratorio di idee, imprese, cultura che è stata in passato. Da troppo tempo sembra una città che vive in difesa, impaurita dal futuro, incapace di scatti di fantasia. Vorremmo che finissero le lamentazioni (“La crisi, i tagli, la nostra cultura assediata”) per dare spazio alla voglia di domani. L’occasione ci arriva dalla situazione economica generale, che registra chiari sintomi di ripresa, ma che impone, a chi la vuole cavalcare, decisioni rapide, coraggiose, serene. Lasciarsi scappare questa opportunità significa perdere il treno e con esso la possibilità di viaggiare verso un domani migliore per i nostri figli.
Una seconda chance ci è offerta dalle prossime elezioni amministrative: sta agli amministrati saper scegliere con razionalità e decisione la classe dirigente che dovrà condurci fuori dal guado. Lamentarsi dei politici è ormai lo sport nazionale. Sarebbe ora di cominciare a lamentarsi degli elettori che quei politici hanno issato sulle poltrone. Gli esempi che ci arrivano da Oltreoceano – dove le farneticazioni di Donald Trump mietono, a dare retta ai sondaggi, insperati consensi – vorremmo che restassero una colorita prerogativa yankee, incapace di tentare gli uomini pubblici nostrani. Eleggere un sindaco con il metodo del “chi vusa püsé la vaca l’è sua” non farebbe onore né al prossimo sindaco, né ai suoi supporters.
Che esista una strada per uscire più forti dalle avversità ce lo ha dimostrato in questi giorni la famiglia di Alessandro Giani, il ragazzo morto dopo un tremendo volo nella cartiera di Cairate. Mentre gli altri si affannavano a cercare un colpevole – l’abbandono della ex fabbrica, la mancata sorveglianza, la pericolosità della struttura – hanno dato chiaro l’esempio di come ci si può rialzare anche dal dolore più feroce: guardando avanti, cercando di trasformare le lacrime in rugiada, perché dalla terra in cui è sepolto Alessandro nascano nuovi frutti.
E questo il 2016 che ci aspettiamo. Fiduciosi che Varese e i varesini non ci deluderanno.