Pochissimi ne parlano, ma lo “Sportello dei Diritti” ha continuato fin dall’inizio dell’estate appena passata a diffondere i dati relativi alla pericolosa diffusione di un virus conosciuto come “Febbre del Nilo occidentale” che anche il Centro Europeo per la Prevenzione e Controllo delle malattie (ECDC) ha tenuto sotto stretto monitoraggio.
Dall’inizio della stagione di trasmissione del 2017 e fino al 5 ottobre 2017, gli Stati membri dell’UE ei paesi confinanti hanno registrato 240 casi: Romania (54 casi), Italia (53), Serbia (45), Grecia (48), Ungheria 19), Israele (17) e Austria (4). Sono state segnalati 16 morti a causa della febbre del Nilo occidentale: Romania (8 morti), Grecia (5), Ungheria (1), Italia (1) e Serbia (1).
Stavolta il campanello d’allarme è suonato anche in altre province italiane. Sono, quindi, 4 sino alla data di oggi, i casi registrati in Italia tra il 28 settembre e il 5 ottobre, di malattia neuroinvasiva da West Nile virus, verificati in particolare in tre regioni oltre la Sardegna: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Questi sono i dati ufficiali confermati dal servizio di sorveglianza del Centro nazionale di epidemiologia e dell’Istituto superiore di sanità. Il 55% dei casi riguarda uomini con un’età media di 64 anni. Mentre a Ferrara, morto il 26 agosto l’anziano colpito dalla West Nile. L’uomo di Pieve di Cento, aveva 78 anni ed era stato punto da una zanzara.
Dall’11 agosto era ricoverato all’ospedale di Cona. Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, poiché gli esperti ritengono che il collegamento fra il ciclo rurale e quello domestico è determinato da alcune zanzare della macchia che potrebbero penetrare negli ambienti domestici infettando il pollame o altri animali d’allevamento e da compagnia, i quali poi potrebbero essere punti da zanzare nella fase della viremia, si raccomanda di evitare, in zone a rischio, il contatto con animali deceduti e di prevenire la proliferazione delle zanzare limitando le superfici umide tra le quali,
rende bene l’idea, il classico esempio del sottovaso sempre pieno d’acqua. È evidente, inoltre, che ai primi sintomi, bisogna rivolgersi al proprio medico di famiglia. Si ricorda, a tal proposito che gli indici segnalati sono rappresentati da febbre moderata dopo pochi giorni di incubazione, che dura da tre a sei giorni, accompagnata da malessere generalizzato, anoressia, nausea, mal di testa, dolore oculare, mal di schiena, mialgie (dolori muscolari), tosse, eruzioni cutanee, diarrea, linfadenopatia e difficoltà a respirare.
In meno del 15% dei casi, negli anziani e nei soggetti più deboli, possono aggiungersi gravi complicazioni neurologiche quali meningite o encefalite. Non esistono al momento vaccini o trattamenti specifici, vengono di norma usati farmaci per alleviare la sintomatologia tipica della malattia. É, peraltro, importante sottolineare che l’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) ogni settimana pubblica un rapporto informativo sulla febbre del Nilo occidentale che comprende mappe della attuale distribuzione geografica dei casi autoctoni umani nell’UE e nei paesi limitrofi, tra cui un confronto con i dati precedenti, un aggiornamento della situazione e una tabella del numero di casi di paese e zona. Esso è pubblicato sul sito dell’istituzione europea ogni venerdì pomeriggio.
L’obiettivo del progetto è quello di informare le autorità competenti responsabili per la sicurezza della salute delle aree nelle quali risulta possibile il contagio del virus del Nilo occidentale agli esseri umani al fine di sostenere la loro attuazione della normativa sulla sicurezza della salute. Secondo la normativa europea sulla sicurezza della salute, gli Stati membri devono avviare misure di controllo per assicurare la sicurezza in caso di casi di febbre del Nilo occidentale. Una sfida importante per l’attuazione del presente regolamento è la raccolta tempestiva di informazioni accurate sulle zone colpite.