«Ripartiamo dalla terza categoria. Con tanta dignità, per tener viva la memoria di una grande storia». Così , presidente della Società Ginnastica Gallaratese, annuncia il ritorno del calcio allo stadio Maino, un monumento allo sport della città. Dopo un anno di stop, in seguito al mancato accordo con la cordata dell’Fbc Saronno per l’iscrizione al torneo di promozione, la sezione calcio della Gallaratese ricomincia dal gradino più basso del calcio federale.
Così nell’anno in cui un gallaratese (, cresciuto all’oratorio di Arnate) calca i campi del Mundial in Brasile, la gloriosa squadra di calcio della città si rimbocca le maniche e riparte dalla terza categoria. Ancora una volta e sempre con Caravatti, perché già dopo il fallimento della fusione con la Pro Patria, a fine anni ’90, il patron aveva deciso di rilanciare il club dalla terza categoria.
«Ci siamo ri-iscritti alla Figc e dobbiamo ricominciare dalla categoria più bassa – spiega il presidente della Gallaratese, che è formalmente un ente morale privato – le premesse per ripartire ci sono tutte: lo stadio Maino è tirato a lucido e riverniciato, i debiti delle precedenti gestioni sono stati ripianati e lo spirito è quello di far rimanere il calcio a Gallarate, nel rispetto di una storia gloriosa che pervade i muri del Maino. Spero che i gallaratesi apprezzino lo sforzo». Al Comune verrà chiesta solo la disponibilità di un terreno di gioco per gli allenamenti, per il resto per la terza categoria non c’è bisogno di un grande budget, così gli introiti dell’attività commerciale sviluppata sulle proprietà dell’ente morale saranno sufficienti per sperare di centrare l’obiettivo del salto in seconda categoria.
Ma già per l’anno prossimo si spera di poter trovare sulla strada qualche partner e qualche investitore che voglia pensare in grande per accelerare la scalata verso le categorie che più competono alla storia della Gallaratese, come l’eccellenza, che era stato il punto di arrivo della precedente risalita del club dalla terza categoria, prima che Giorgio Caravatti lasciasse il club, poi ripreso in mano due anni fa sull’orlo del baratro dopo che la società aveva fatto il passo più lungo della gamba con la fusione con il Saronno e il ritorno in eccellenza.
«Non potevamo far sparire un marchio come quello della Gallaratese, tanto più che tra i dilettanti siamo gli unici o quasi ad avere uno stadio di proprietà – sottolinea Caravatti – in questa rinascita c’è tanta dignità, e la volontà di far rivivere la memoria. Ma il progetto di tornare in fretta a buoni livelli, come ad esempio in eccellenza, attraverso qualche fusione, potrebbe riproporsi già l’anno prossimo».
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