Ma come, ci stavamo quasi abituando all’idea di una ripresa, consideravamo già quei piccoli segnali di inversione di tendenza al positivo come una notizia sulla quale poggiare le speranze per il futuro, ed ora l’Istat e la Bundesbank spazzano via tutto.
Cambiano le buone notizie: ordini e fatturato in Italia sono in calo, la Germania si ferma e noi tremiamo insieme al resto dell’Europa.
Riassumiamo qualche dato: gli ordinativi per l’industria italiana sono caduti a maggio del 2,1% rispetto ad aprile, dopo che ci avevano illuso con il loro segno più nei due mesi precedenti. Cadono, di conseguenza, anche i ricavi dell’industria che vanno giù di un punto percentuale.
Che sia un rimbalzo tecnico dopo il periodo positivo, che siano le tensioni geopolitiche internazionali, fatto sta che un po’ tutte le performance europee si stanno scoprendo in ribasso. Sorvegliata speciale è però, come sempre, la Germania.
Perché se la Germania è in una fase di stagnazione il rischio è per l’intera Europa: se i tedeschi non spendono, i paesi esportatori non vendono, non producono. Se la nazione che da sola produce il 29% della ricchezza totale dell’eurozona tira il freno, il rischio di una frenata a cascata è dietro l’angolo. E, focalizzando il campo di osservazione a ciò che più ci interessa da vicino, non dobbiamo dimenticare che la Germania è il primo partner commerciale delle imprese varesine: pesa l’11,7% dell’intero export provinciale.
Parliamo, dati riferiti all’anno 2013, di 1,14 miliardi di euro di esportazioni dirette nella sola nazione tedesca e nel trimestre iniziale di questo anno le esportazioni sono arrivate a 296 milioni di euro.
È ovviamente l’industria manifatturiera a concentrare il più alto valore delle vendite delle industrie varesine in Germania: in particolare i prodotti in metallo e le macchine e apparecchiature sono le merci più richieste, ma anche i prodotti chimici e del tessile e abbigliamento hanno un buon mercato. Ecco perché oggi quel dato aumenta la soglia dell’attenzione di tutte quelle imprese che lì vanno ad esportare gran parte dei loro prodotti.
E non c’è però solo la Germania in quel trend piatto a destare sospetto: anche le performance della Francia non brillano. E la Francia è il secondo paese di destinazione delle merci varesine: qui lo scorso anno sono andati 988 milioni di euro di prodotti, il 10,1% delle esportazioni provinciali.
Se l’Europa tira ancora una volta il freno, le nostre imprese, così vocate all’export, saranno costrette a seguire lo stesso andamento se consideriamo che i principali paesi partner commerciali della provincia di Varese sono proprio nell’Unione Europea.
Quel che consola è da alcuni anni, proprio per effetto della crisi, è in atto una sorta di rimodulazione delle esportazioni varesine verso destinazioni extra-Ue: nel 2013 l’export verso i paesi dell’Unione Europea è sceso del -2,1% rispetto all’anno precedente; viceversa, sono migliorate le esportazioni varesine verso quei paesi industrializzati da cui arrivano segnali più consistenti di uscita dalla crisi (verso gli Stati Uniti l’export varesino è cresciuto del +5,5%, verso il Giappone del +3,5%) e verso alcune aree in via di sviluppo, in particolare verso l’America Centro Meridionale (+20,7%) e l’Asia Orientale (+26,6%).
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