In Italia, e in particolare nelle regioni del Nord, si prospetta il rischio di una “glaciazione demografica”.
Un fenomeno che, senza nuove migrazioni o una decisa inversione nelle nascite, provocherà da qui al 2040, nel Settentrione, un saldo negativo rispetto all’attuale di 2,3 milioni di residenti. Si passerà dai 27,4 milioni di abitanti del 2023 a 25,1 milioni. Gli effetti più pesanti si vedranno in Lombardia (-673mila), Piemonte (-493mila) e Veneto (-387mila). Meno abitanti vorrà dire minore mercato interno, dunque più bassi consumi ma anche investimenti inferiori. È quanto emerge da uno studio della Fondazione Nord Est, che ha rielaborato i dati demografici Istat 2023, i quali avevano suonato l’allarme sul record negativo di natalità.
Nel Nord Est la riduzione sarà di 939mila persone, nel Nord-ovest di 1,4 milioni. La discesa assoluta sarà fin da subito rapida: -143mila unità all’anno nei prossimi sette anni nel Nord Italia; poi si attenuerà a -133mila nei successivi. Il minor scarto nella seconda parte del periodo si spiega con l’ipotesi “eroica” – la definiscono gli studiosi – di un aumento delle nascite annue. Senza tale aumento, con la natalità inchiodata ai valori 2023, la discesa accelererebbe ulteriormente, e si aggiungerebbero alla diminuzione altre 385mila persone.
Gli effetti della “glaciazione”
Gli effetti territoriali ed economici di questa “glaciazione” saranno importanti: la diminuzione della popolazione non sarà uniforme; saranno i centri più remoti e isolati, con minori servizi (sanità, scuole) e più basse prospettive di lavoro e vita sociale a pagare il conto più salato. L’abbandono di questi luoghi farà venire meno, ad esempio, la manutenzione dei boschi e dei terreni, con conseguente aumento del rischio idrogeologico.
Si produrrà una ricomposizione della piramide per età della popolazione, con incremento degli anziani e diminuzione dei giovani; il mercato immobiliare subirà un forte contraccolpo, così come l’accumulo dei risparmi privati. La “glaciazione” influirà naturalmente sui consumi: meno pannolini per neonati, più ausili sanitari per i vecchi.
Nello studio della Fondazione Nord Est, viene proposto anche il gioco del “cancella la città”, ovvero una lista di città e centri che potrebbero “sparire” se la perdita di abitanti fosse concentrata in esse: ecco allora che in Lombardia, si svuoterebbe l’equivalente di città come Brescia, Monza, Bergamo, Como, Varese e Pavia. In Veneto “sparirebbero”, diventando semi-deserte, Padova, Vicenza e Treviso. In Friuli-Venezia Giulia diverrebbero città fantasma Udine, Gorizia e Lignano Sabbiadoro. In Emilia-Romagna si spopolerebbe l’intera Bologna, oppure Parma più Modena, oppure Ravenna più Rimini, più Faenza, più Salsomaggiore Terme. In Trentino si svuoterebbero Riva del Garda e Folgaria o tutte le valli Cembra, Fiemme e Fassa. In Piemonte diverrebbero disabitate Alessandria, Asti, Cuneo, Moncalieri, Collegno, Rivoli, Nichelino, Vercelli e Biella.