La Kyenge a Saronno e le sfide di domani

Nel 2065 nel nostro Paese vivranno più di 61 milioni di persone. Gli italiani saranno 11 milioni meno rispetto ad oggi; gli immigrati, 14 milioni in più (ora sono meno di cinque).

Il concetto stesso di straniero sembra destinato a mutare. Sarà difficile, infatti, attribuire un termine che indica l’eccezione a una realtà divenuta regola. Evidenza che i bambini (che a scuola siedono a fianco di coetanei immigrati) conoscono già: testimoni di un rinnovamento culturale per loro ovvio, per noi impervio.

L’incontro in programma nella giornata di domani a Saronno alla presenza del Ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge, affronterà questi temi. In particolare, lo jus soli, la cittadinanza automatica per chi nasce in Italia: proposta che ha già scatenato reazioni gonfie di manicheismo, dal miope buonismo alla più gretta preclusione. In tal senso, la responsabilità del ministro Kyenge e del suo proverbiale sasso nello stagno ha due volti. Uno positivo, perché ci costringe a guardare in faccia alcuni atavici “ritardi” nostrani.

Uno negativo: perché argomenti così vanno maneggiati con cura, specie in un’arena turbolenta come quella italiana. Dopodiché, sappiamo bene (sarebbe ipocrita negarlo) che se Kyenge si chiamasse Brambilla e fosse bianca, la sua proposta avrebbe incontrato un’opposizione meno ostile, meno offensiva, meno triviale. Ed eccoci al punto. Un Paese in cui un ministro viene notato per il suo colore prima che per le sue istanze, è una terra afflitta da una “metà oscura”, culturalmente arretrata, zavorrata dalla mediocrità.

Ma esiste anche una resistenza, l’unica che deve interessarci, più innocua e per nulla xenofoba. Essa è figlia dell’incertezza e del malessere. Povertà, sogni spezzati, assenza di meritocrazia, alimentano la diffidenza. Mai, nella Storia, un popolo angosciato ha saputo dimostrarsi accogliente. Un dato che dovrebbe richiamare all’ordine quei politici abituati a puntare alla pancia degli elettori. Ma anche esponenti istituzionali come Kyenge, la quale si è dimostrata a dir poco precipitosa.

Se Lei, ministro, ama davvero questo Paese, e crede fermamente nella Sua missione, allora dovrebbe attivarsi, prima di tutto, col Suo stesso Governo, pretendendo iniziative che riducano burocrazia e spesa pubblica, favoriscano impresa, lavoro, talento, creatività.

Perché saranno proprio quelle riforme, e non l’astrazione retorica, a zittire la propaganda e rendere agevole, anzi auspicabile, l’avvento dello jus soli.

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