La Lombardia di Giorgio Gori? «Una grande Regione metropolitana, che corre e cresce tutta insieme a Milano. Oggi galleggia…». In viaggio con lo sfidante di Roberto Maroni per la presidenza della Regione, tra una tappa e l’altra del suo tour nelle aziende e nelle realtà del basso Varesotto.
C’è una forte domanda di semplificazione, trasversale. Come diceva un imprenditore, noi non abbiamo davvero bisogno della politica, ci basterebbe che non ci rendesse complicata la vita. L’impressione invece è che in questi anni, da Roma ma anche da Milano, si siano sforzati per rendergliela un po’ più complessa.
Io ho in mente proprio di avere una direzione che abbia solo questo compito, snellire l’apparato normativo e burocratico, molto utilizzando la tecnologia. Un po’ quello che, in piccolo, ho fatto a Bergamo, dove i rapporti, con i cittadini e con le imprese, sono tutti digitali, non c’è più niente di cartaceo: ogni studio professionale ha la sua cartella online, segue l’iter dei procedimenti che gli interessano, può interrogare il sistema in qualsiasi momento. L’altro pezzo che mi interessa molto è il sistema formativo: quell’idea di “Regione a valore aggiunto”, che costruisce il suo sviluppo per gli anni a venire sulla qualità dei prodotti, beni e servizi, non competendo sul prezzo ma sull’innovazione e sulla qualità, si realizza se alle spalle c’è un investimento forte sulla conoscenza, che significa formazione e ricerca.
Secondo me in questi anni siamo rimasti un po’ sulle gambe, se gli imprenditori mi dicono che non trovano tecnici. Dalla formazione all’istruzione tecnica e universitaria, dove la Regione ha competenze o le può negoziare con lo Stato, con l’autonomia, possiamo dare una grande mano se lavoriamo bene. Un esempio? La rete politecnica lombarda, mettendo insieme tutti i progetti di ITS esistenti, sarebbe una gran cosa.
Questa Regione va perché ha i lombardi, ha questi imprenditori, ha un tessuto associativo che fa sì che anche dal punto di vista della coesione sociale qui ci sono cose che non vediamo altrove. Ma sostanzialmente la Lombardia galleggia rispetto alle capacità e alle potenzialità che ha. Se la Regione fosse elemento di traino e se fosse efficiente quanto le sue imprese, avremmo altri numeri e un’altra dinamica, a vantaggio dei cittadini lombardi ma anche di tutto il Paese.
Affermare che sta vivendo di rendita non mi sembra eccessivo. Si sente dire che non ha fatto né male né bene, ha fatto poco, non ha scontentato nessuno. Io spero, se diventerò il presidente di questa Regione, di essere ricordato in un altro modo, per aver fatto qualcosa di concreto.
La svolta di Milano è molto più marcata ed evidente di quella di Bergamo, che credo pure sia percettibile. Ma il compito della Regione, se al suo centro ha un motore di crescita così potente e dinamico è agganciare a questa dinamica i territori della Lombardia, il che secondo me non è successo, visto che l’impressione è che ogni territorio faccia quello che riesce. Manca una visione della Regione nella sua interezza come grande Regione metropolitana. Solo se tutta la Lombardia cammina siamo competitivi con le regioni metropolitane di Londra, Parigi e Monaco, non se cammina solo una città da 1,3 milioni di abitanti. Il ruolo della Regione è di connettere.
Dalla vicinanza con la Svizzera è possibile trarre una spinta positiva, così come tutto il quadrante nord-ovest con Varese e la Brianza può essere fortemente tonificato da quello che succederà attorno all’area Expo, dove mi aspetto la localizzazione, anche verso Varese, di aziende legate ai settori della ricerca, biomedicali, scienze della vita.
Non è più stagione di grandi infrastrutture viarie in questa Regione, ma la Pedemontana se possibile va portata fino in fondo. Purché economicamente sostenibile: rinunciando alla tratta D e arrivando a Vimercate, sarebbe già una gran cosa e farebbe risparmiare 900 milioni di euro.