Ventisette anni dopo l’efferato delitto di per l’omicidio della giovane scout è arrivata la svolta: il sostituito procuratore generale ha depositato l’avviso di conclusione delle indagini preparandosi a chiedere il rinvio a giudizio di , il killer della mani mozzate già condannato all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio di Carla Molinari.
Ma quanti sono i delitti irrisolti, le ferite ancora aperte che lacerano la provincia di Varese? Almeno sei. Dal rapimento di , sparito a Buguggiate 40 anni fa (era il 17 ottobre del 1974) mentre tornava da scuola, al rapimento di , industriale sparito da Comerio nel 1975. fu rapito da Tradate il 17 febbraio del 1989. Di Riboli, De Micheli e Cortellezzi non furono mai ritrovati i resti. Tutti sono stati dichiarati morti. E per Riboli si arrivò ad identificare i colpevoli troppo tardi. L’8 ottobre 1999 la procura generale di Milano chiese scusa ai genitori di Emanuele a nome «della giustizia di questo Paese», così disse l’allora procuratore generale «scusa per la serie incredibile di errori commessi dallo Stato».
Chiese scusa perché sui rapitori e gli assassini del giovane studente si abbattè, proprio a causa di quegli errori, la prescrizione. Ad orchestrare il rapimento e l’omicidio del ragazzo furono due delle più potenti famiglie di ’ndrangheta del Nord: i Sergi e gli Zagari. Per De Micheli e Cortellezzi, invece, restano soltanto delle flebili piste: nel 2008 sulla base delle rivelazioni di un pentito detenuto a Vercelli la procura di Varese ordinò degli scavi, con l’utilizzo di robot e nuove tecnologie, nella zona di Rescaldina. I resti dell’imprenditore di Comerio non furono ritrovati nemmeno in quella occasione.
Per Cortellezzi le speranze di ritrovare almeno il corpo di quel figlio svanito nel nulla dopo un’iniziale richiesta di riscatto di tre miliardi di lire (il giovane fu probabilmente venduto dai primi rapitori, due dei quali sarebbero stati poi uccisi a Parma dai complici, all’anonima calabrese) si riaccesero nel 1995. In un vecchio pozzo, a una profondità di 80 metri, nella brughiera di Cairate, fu visto qualcosa: uno scheletro che pareva inchiodato ad un blocco di cemento. , allora pm a Busto Arsizio (oggi è il procuratore capo nella stessa città) lo disse immediatamente: «C’è una possibilità su un milione che si tratti di Andrea Cortellezzi. Ma abbiamo il dovere di tentare». La previsione di Fontana si rivelò esatta: il pozzo non restituì il corpo del giovane ventiduenne rapito sei anni prima.
Gli anni ’90 chiusero in provincia di Varese la stagione dei sequestri. Aprendo quella dei delitti irrisolti. Negli Stati Uniti li chiamano cold case. Per Varese sono tagli aperti.
Tre omicidi che ancora chiedono giustizia: un giovane, un immigrato perfettamente integrato e un avvocato stimato, padre di famiglia. , universitario di 20 anni, sparì da Somma lombardo la sera dell’Immacolata del 1990.
Due giorni dopo a Cadrezzate, vicino al laghetto del Margin, un cercatore di funghi trovò semisepolta dalla neve e completamente bruciata la carcassa dell’ auto di Gianluca. Il 12 gennaio 1991 sull’ arenile davanti ad un residence di Ranco, affiorò semicoperto da un sacco nero, il cadavere incaprettato di Gianluca. L’ autopsia eseguita a Varese, rivelò che la morte era stata provocata da un colpo sferrato al capo, forse con un cric, forse con una grossa pietra e che il decesso risaliva con molta probabilità a poche ora dopo la scomparsa.
L’8 ottobre del 1991 le acque del lago di Monate restituirono il cadavere chiuso in un sacco della spazzatura di , egiziano, piccolo imprenditore di 66 anni. Assassinato: nel 2008 si parlò di collegamenti con il narcotraffico. Ma l’indagine resta tuttora aperta. Così come l’inchiesta sull’omicidio di , avvocato civilista di Biandronno, freddato a colpi di fucile a 47 anni l’8 luglio del 1991, mentre da casa raggiungeva lo studio di Varese. Ciappina ha lasciato la moglie e tre figli.
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