La frase da cui si parte è quella che ha detto Sandro Galleani appena entrato in redazione: «Un uomo sportivo che non ambisce a fare le Olimpiadi o non è un uomo, o non è uno sportivo». Sacrosanto e vero: le Olimpiadi sono la massima espressione di questa cosa meravigliosa chiamata sport, sono la meraviglia di un mondo davvero unito, sono la dimostrazione dell’evoluzione umana, sono la risposta alla guerra e alla paura. Non c’è niente di più bello, niente di più magico, niente di più affascinante. Siamo pronti alle notti insonni, a tifare sport di cui prima ignoravamo l’esistenza, ad aspettare le note dell’inno di Mameli per alzarci in piedi, siamo pronti a emozionarci come fossimo dei bambini perché in fondo davanti allo sport questo siamo. Dei bambini affascinati.
Niente e nessuno riuscirà a rovinarci questo spettacolo, anche se ci stanno provando in tutti i modi. E ogni volta diventa sempre più difficile lasciarsi trasportare dallo spirito olimpico: quello che prima era automatico ora è ogni volta più forzato e meno naturale.
Davvero è ancora sport? Davvero è ancora solo sport? Davvero dobbiamo ancora crederci, ma crederci fino in fondo? No, non stiamo parlando (solo) di doping, che dopo anni ad amare e raccontare il ciclismo abbiamo imparato a conoscere, ma conoscere per davvero. Il caso Schwazer è lì da vedere, è lì a farci schifo per quello che è e per quello che c’è dietro, è lì a inquinare lo spirito olimpico per come lo intendiamo noi.
E basterebbe quello, basterebbe la porcata fatta a un atleta divenuto il simbolo dell’antidoping e soprattutto fatta a un uomo come Sandro Donati: una delle persone più serie, limpide e coraggiose che il nostro sport abbia mai prodotto. La “strana” positività dell’atleta altoatesino concessa in esclusiva a un quotidiano (che dal giorno dello scoop si è guardato bene di dare spazio a tutte le verità diverse che stavano venendo a galla), la tempestiva squalifica, la scelta di far partire comunque l’atleta per Rio in modo da dirgli «torni a casa, prego»: ma di cosa stiamo parlando? Qui in Italia siamo bravi a piangere su quel che è stato (Pantani docet) e abbiamo gli occhi talmente pieni di lacrime di coccodrillo che non ci accorgiamo come quello che è accaduto sta accadendo di nuovo. Sempre allo stesso modo, sempre sulla pelle di un ragazzo.
Le Olimpiadi stanno diventando qualcosa di diverso: è sempre più difficile trovare sponsor, le città non fanno più la fila per aggiudicarsele, la politica conta più delle piste d’atletica e dei campi da gioco.
Consoliamoci. Dopo le Olimpiadi arrivano le Paralimpiadi e noi ci saremo, con il nostro Roberto Bof a fare il tifo per la nostra Beb Vio e tutti gli altri. Consoliamoci. Le Paralimpiadi rappresentano quello in cui crediamo, hanno dentro il fuoco che brucia e appassiona. Le Paralimpiadi sono sane, vere. Almeno, per ora.