Si alza con poca fatica e sorridendo improvvisa qualche esercizio di ginnastica perché «sono uno sportivo di razza» prima di accomodarsi per raccontare qualche sprazzo della sua vita.
È , 103 anni dal 1 di settembre che verranno festeggiati nel teatro della Fondazione Molina, dove risiede da un anno e mezzo. Con un secolo di storia alle spalle, Ricciotti è ancora fresco nella memoria e nel fisico. «È un signore – dicono di lui le dipendenti della struttura -, un uomo d’altri tempi nel senso più vero e poetico. Regala sempre alle signore biscotti e caramelle. È gentile, un galantuomo. L’abbinamento tra integrità e lucidità è bello, e lui fa sopravvivere quei valori ormai antichi. Non lo corrompi».
Nato a Lugano il primo settembre del 1911, dagli undici anni ha vissuto a Biumo Inferiore, che considera ancora la sua casa. «Sono sempre stato uno sportivo. – racconta Bornia – Ho sempre fatto corsa, mi sono allenato in ginnastica acrobatica alla Varesina, e ho giocato e amato il calcio». Uno fra i fondatori della Biumense, la storica squadra sportiva, ha giocato in più di otto squadre tra cui «la Belfortese, la Salernitana, a Lugano e a Bellinzona. E anche nella Varese sportiva ». Con orgoglio accenna anche all’Inter «in cui a vent’anni ho giocato come riserva, e un paio di partite anche in prima squadra». Poi è arrivata la guerra, di cui dice poco. «Sono stato fra i primi richiamati all’inizio della seconda guerra mondiale. Giocavo nella Salernitana allora, e ho dovuto abbandonare».
Fantino sotto al regime fascista, grazie alle sue capacità allenate con passione nella zona delle Bustecche, cavalcando «Frasca e Riario, i due cavalli di cui mi prendevo cura», ci tiene a sottolineare che «ero un giovane fascista per obbligo, perché a me la politica allora interessava poco».
Una guerra vissuta per tutta Italia e che la visto costretto in prigionia. Al termine del conflitto è tornato a Varese e ha scritto per diversi anni sulla Prealpina, avendo anche conosciuto , fondatore del quotidiano, prima della sua scomparsa nel 1940, e per il Matocco, il celebre giornale umoristico. Sposato e con due figli, Riciotti Bornia è la memoria storica di una città, la nostra, per un intero secolo. Memoria che ha riportato nei suoi libri,
ben cinque dedicati alla città giardino, dal primo “Quando a Varese c’erano i tram”, passando per “Da Biumo al Reno: storie e personaggi varesini d’altri tempi”, fino alla pubblicazione del 2000 “Frammenti e immagini di storia varesina”. Ancora viva è l’amicizia che lo lega alla famiglia Bosina. «C’è un grande rispetto per quest’uomo – ha detto , la Regiù della famiglia Bosina – e gli vogliamo tutti molto bene. Lo consideriamo un amico, anche per il suo amore per il dialetto, e non ci dimentichiamo mai dei suoi pezzi per il “Calandari”».
La Fondazione Molina ha voluto quindi rendere omaggio ai 103 anni di Ricciotti Bornia con una grande festa organizzata per domenica 7 nel teatro della struttura. Dopo il nostro incontro Ricciotti si avvicina e ci confida: «sto già facendo i piani. Non sono venuto qui per restare, appena sto meglio ho già detto ai miei figli che voglio tornare a Biumo».
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