Prima o poi qualcuno proporrà le primarie per la scelta dell’amministratore di condominio, dell’arbitro del derby, o del parroco di campagna.
Ormai non c’è partito o associazione che prescinda da questo strumento, nato negli Stati Uniti, importato in Italia dal centrosinistra, e oggi diventato patrimonio comune e trasversale.
I sostenitori ne esaltano la funzione democratica e il coinvolgimento della base.
I detrattori lo vedono come una foglia di fico sulla scarsa rappresentatività dei vertici, nonché un surrogato maldestro di quelle preferenze che nessun partito sembra intenzionato a restituirci. Fatto sta che a Varese impazzano. Dopo il Pd (cui spetta la primogenitura), le ha organizzate Agorà (l’associazione di Forza Italia), poi è arrivato il Nuovo Centrodestra.
Infine, la Lega Nord, che ha individuato così il candidato alle europee. Concentrandoci sulle due anime del fu Pdl, sappiamo che in Forza Italia è tornato in auge Gian Paolo Ermolli, già vicesindaco e storico esponente azzurro.
Grazie a questo risultato, sarà lui il candidato di diritto alla segreteria provinciale del partito. Ma per testare l’effetto della sua ritrovata leadership non bisognerà attendere tanto. Anzi, la sua vittoria è già di per sé un dato politico: Forza Italia ha deciso di affidarsi all’esperienza. A un esponente capace di consumarsi le suole delle scarpe, avviare la sede di via Carrobbio, ma anche ordinare e irreggimentare gli ultrà del Club Forza Silvio, utili sul piano folkloristico, ma poco consoni a un partito che ha bisogno di riguadagnare credibilità, radicamento, concretezza.
I primi a preoccuparsi, oltre ai fans di Dudù, dovrebbero essere gli assessori del capoluogo, forzisti compresi: a loro Ermolli non ha mai fatto sconti, accusandoli di scarsa operatività e di mastodontiche perdite di tempo (in particolare sulla questione Caserma).
La vittoria alle primarie rafforzerà il suo ruolo di spina nel fianco, dato che la “voce del dissenso”, forte dei 675 elettori azzurri che lo hanno votato, diventerà assordante. Diversa la situazione del partito di Alfano, che ha scelto le primarie per il proprio candidato alle europee.
A spuntarla è stato Paolo Valentini, ex capogruppo azzurro in Regione Lombardia. Quest’ultimo sarà tra i principali sfidanti di Lara Comi, a caccia di un secondo mandato. Per Valentini quello verso Bruxelles è un cammino che presenta una marcia in più e qualche zavorra.
Il valore aggiunto è la probabile candidatura di Maurizio Lupi, che farebbe da locomotiva lombarda utile a rastrellare parecchi voti, garantire l’adesione compatta delle truppe cielline e assicurare il ritorno in Europa di Gabriele Albertini.
Quest’ultimo entrerebbe di diritto qualora il ministro (come appare probabile) rinunciasse al seggio per restare al Governo.
La zavorra, invece, sta tutta nella difficoltà del compito. Valentini dovrà riabituarsi alla raccolta del consenso, dopo anni trascorsi al Pirellone grazie al listino bloccato dell’allora Celeste Formigoni.
Il candidato Ncd è un politico di lungo corso, ma la prova è tosta. I voti da raccogliere sono tanti, distribuiti su un territorio amplissimo e frazionati da una fase storica in cui ciò che ieri sembrava una passeggiata, oggi somiglia a una missione impossibile.
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