VARESE «Insieme io e Fabrizio ridevamo sempre, eravamo felici». Così Alessandra Maria Carrozzini, la moglie di Fabrizio Bottinelli, il giovane di 33 anni che ha perso la vita mercoledì mattina in un incidente via Valle Luna. Il 29 luglio Alessandra e Fabrizio – residenti ad Albizzate – avrebbero festeggiato due anni di matrimonio. «Fabrizio era una persona buonissima, dolcissima, che amava il suo lavoro e che avrebbe dato la vita per gli altri – continua la moglie – Non si meritava di morire così».
La Yamaha nera che guidava Fabrizio, “Zavo” per gli amici, era nuova. L’aveva ritirata martedì, il giorno precedente all’incidente. «Non me ne intendo di moto e non so dire se la moto nuova abbia giocato una parte nell’accaduto – continua Alessandra – Ma di sicuro Fabrizio non era imprudente alla guida». Gli inquirenti stanno facendo luce sulla dinamica dell’incidente. In particolare, si indaga sull’eventuale responsabilità di un pullmino Avt che procedeva nella stessa direzione del giovane e che potrebbe averlo involontariamente urtato mentre si trovava disteso sull’asfalto. Oggi è in programma l’autopsia, gli esami aiuteranno a fare luce su quanto accaduto.
Ieri sera, nella chiesa di Bobbiate, i colleghi si sono raccolti in un momento di preghiera. La chiesa si trova a pochi metri dalla comunità socio assistenziale dove Fabrizio ha lavorato come ausiliario socio-assistenziale dal 2004 allo scorso febbraio. Di fronte c’è la casa di mamma Ornella Minazzi, che ringrazia tutti per l’affetto: «Quando succedono cose come queste mi chiedo sempre cosa sia meglio fare, se andare a trovare la persona in lutto o se fare solo una telefonata. Adesso so che ricevere visite dà molto sollievo e ringrazio tutti gli amici miei e di Fabrizio che non mi lasciano mai sola».
Un bel ricordo di Fabrizio arriva da Stefano Soru, che ha lavorato fino al 2005 come educatore per la Fondazione Piatti: «Ricordo Fabrizio come un ragazzo fantastico. Disponibile, con una voglia di darsi da fare notevole. L’avevo conosciuto mentre svolgeva il servizio civile. Era molto motivato e attento ai bisogni dei ragazzi e dei colleghi. All’epoca non aveva ancora una formazione specifica, ma si capiva che aveva la stoffa per diventare un bravo educatore». Un episodio aiuta a capire chi era Fabrizio: «quando bisognava svolgere un compito faticoso, come per esempio sollevare i ragazzi dalla carrozzina, lui arrivava di sua spontanea volontà e si rendeva disponibile. Fa male sapere che non c’è più».
Adriana Morlacchi
s.affolti
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