VARESE Francesco Ogliari, fondatore del museo dei Trasporti di Ranco, è morto ieri dopo una lunga malattia. Aveva 77 anni ed era nato a Milano. Fino allo scorso anno accademico aveva insegnato Storia dei trasporti all’università Iulm di Castellanza. I funerali si svolgeranno domani alle 15.30 a Malnate, paese di cui la famiglia è originaria.
Lui il “Gamba de legn”, sferragliante per corso Vercelli, se lo ricordava come un amico caro, il simbolo di una Milano formidabile per goliardia e invenzione, la città delle scoperte e dei “mattocchi”, dei Gigioni sfiatati a passeggio in Galleria e dell’imprenditoria geniale, che guardava all’Europa e a volte addirittura all’America.
Francesco Ogliari era un milanese “de quei lì”, enciclopedico e ammalato di nostalgia per una città scomparsa, piena di risorse e di macchiette, di battute sapide e mordaci,
un gigantesco laboratorio di idee sempre in movimento, rapido o più lento, come il trenino a vapore che dal centro andava in periferia a 15 chilometri l’ora, passando sulle connessioni tra le rotaie con un rumore sincopato, come di uno che camminasse, appunto, con una gamba di legno. La vecchia motrice tedesca Krauss, che trainava i vagoncini, detta anche “ciccolatera” per gli sbuffi da caffettiera, andò in pensione nel 1957, e Ogliari con un colpo da maestro se l’accaparrò, salvandola da demolizione certa, e chissà se era proprio quella “del desdott”, il diciotto, che con passo da elefante se ne veniva in direzione Varese. Già, perché Ogliari, con quel suo ottocentesco pizzo e l’aspetto pacioso, sarebbe stato il perfetto conduttore della vaporiera, immortalata in un magnifico bianco e nero da Mario De Biasi in uno dei suoi ultimi viaggi. Un pezzetto di quella Milano “che se sgonfiava” l’avrebbe portato a Ranco, e anzi più d’uno, se pensiamo ai vecchi tram “cont la perteghétta”, a una carrozza della metropolitana, al leggendario “brumm” – versione meneghina del serioso brougham anglosassone – con in serpa il Tecoppa ferravilliano, “semper ciocc” ma con il dialetto al vetriolo. Un giorno di primavera di quindici anni fa, Francesco Ogliari ci invitò a pranzo nella sua residenza di Ranco, l’occasione di una lunga intervista per la rivista del Touring club italiano, ente per cui probabilmente aveva ricoperto qualche carica o l’avrebbe fatto in qualche suo micro ritaglio di tempo. Avvocato cassazionista, per un quarto di secolo presidente del museo della Scienza e della tecnica (oggi tecnologia) di Milano, capace di scrivere 250 testi storici e ameni oltre a una monumentale enciclopedia dei trasporti, impegnato in politica, colpiva per l’olimpica calma con cui affrontava ogni più piccolo dettaglio della vita, come se tutto ciò che lo riguardava si potesse smistare con una leva, a mo’ degli scambi ferroviari, e corresse come per incanto sul binario giusto.
Lo stesso facevano le decine di motrici del gigantesco plastico ferroviario che dava il benvenuto agli ospiti in salone, e Ogliari avvocato e assessore alla cultura della giunta Tognoli, vincitore del premio Carlo Porta, ridiventava il bimbo Francesco, con gli occhi luccicanti e le mani prese a manovrar leve e levette, con semafori e lampioni che si illuminavano come per incanto, in quel mondo in cui sapeva muoversi come un leggiadro Peter Pan. Un’idea romantica del mondo dei trasporti, temperata però dal rigore dell’uomo di legge, tant’è che quando si trovò a lavorare nella giunta Fassa spinse per il ripristino della funicolare al Sacro Monte, sognò la filovia Bizzozero-Masnago ma si battè anche per il completamento della tangenziale, lui così lontano per formazione culturale dal traffico su gomma.
Un intellettuale al servizio della città, fosse Milano o Varese, che alle centinaia di migliaia di visitatori del museo di Ranco non ha mai chiesto il biglietto, offrendo una “corsa” nella storia della più grande rivoluzione umana, quella del muoversi. Un umanista affascinato dalla tecnologia, Francesco Ogliari, incarnazione del dotto rinascimentale, per il quale ogni cosa è degna di curiosità. E, per conseguenza, di un raffinato e originale divertimento.
Mario Chiodetti
e.marletta
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