È ufficiale, lo ha proclamato l’UNESCO a Cracovia nel corso della 41esima Assemblea Generale: le mura difensive di Bergamo, insieme a quelle di Peschiera del Garda e Palmanova in Italia, Sebenico e Zara in Croazia e Cattaro in Montenegro, entrano a far parte della galassia UNESCO con l’iscrizione nella lista del Patrimonio Mondiale del sito culturale seriale a carattere transnazionale dal titolo “Le opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo” .
La candidatura approvata dal Comitato per il Patrimonio Mondiale è il coronamento di dieci anni di sforzi e impegno lungimirante del Comune di Bergamo, promotore del progetto internazionale nel 2007 e oggi città capofila del raggruppamento che ha costruito l’ambizioso progetto e presentato la candidatura a Parigi lo scorso anno. È anche il frutto di un lungo e laborioso lavoro di squadra coordinato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo che da tempo sta anche lavorando alla costituzione di un Osservatorio permanente sui siti del Patrimonio Mondiale allo scopo di affiancare i gestori e gli amministratori con un ruolo propositivo per il coordinamento delle azioni per la corretta gestione e sostenibilità di questi luoghi. Con la speranza che non si trasformi nell’ennesimo organismo ministeriale capace di produrre faldoni di report e documenti senza realmente operare per ciò per cui è stato attivato.
Perché si sa, un tale riconoscimento comporta prestigio per il territorio ma più che un traguardo deve essere considerato un punto di partenza per l’attuazione di una seria e responsabile politica culturale da parte di tutti gli stakeholder coinvolti, dai proprietari dei beni agli Enti territoriali. Occorre cura, manutenzione costante, una piano di gestione serio e con obiettivi sostenibili. In provincia di Varese qualcosa di più strutturato si sta facendo, ad esempio, per la valorizzazione dei ben 4 siti che insistono sul territorio, con il progetto Varese4U.
Per quanto riguarda la neo iscrizione, si tratta del complesso sistema di fortificazioni realizzato dalla Repubblica di Venezia tra il XV e il XVI secolo per controllare e difendere i suoi territori e soprattutto le rotte commerciali che la legavano a tutto il Mediterraneo orientale.
Salgono così a 53 i siti italiani iscritti nella World Heritage List dell’UNESCO che il mondo ci invidia, confermando il primato del nostro paese non solo in Europa, con un netto distacco da Spagna (46), Francia (43) e Germania (42) . l’Italia resta dunque ben salda nella prima posizione dei paesi al mondo con il maggior numero di siti tallonata solo dalla immensa Cina che quest’anno sale a 52.
L’orgoglio italiano di possedere il numero più alto di beni culturali a livello planetario –e aggiungo la capacità di riconoscerli e valorizzarli-, indipendentemente dal fatto che sia l’UNESCO a certificarlo, trova nel dato indiscutibile dei riconoscimenti UNESCO almeno un indicatore oggettivo e meno opinabile delle percentuali sovente citate e poco comparabili a livello planetario.
Con le mura veneziane di Bergamo resta ben saldo anche il primato della Lombardia, che si conferma la regione italiana con il maggior numero di siti UNESCO ( 11 per l’esattezza ) e un patrimonio eccezionalmente variegato. I luoghi del Patrimonio mondiale presenti nella nostra regione includono le pitture rupestri in Valcamonica, risalenti all’età del ferro, le testimonianze palafitticole, il cenacolo di Leonardo in Santa Maria delle Grazie, le testimonianze della presenza longobarda, i Sacri Monti di Varese e Ossuccio, le città di Mantova e Sabbioneta, il villaggio operaio di Crespi d’Adda. E non mancano siti strettamente ambientali e naturalistici come la linea del Bernina e il Monte San Giorgio con testimonianze di fossili marini.
Le mura difensive di Bergamo racchiudono la Città Alta dal 1561 su progetto dell’ingegnere Francesco Malacreda, spesso al servizio della Serenissima Repubblica di Venezia.
Le mura veneziane, costruite durante la dominazione della lombardia orientale per tenere a bada gli spagnoli che governavano Milano, rappresentano un capolavoro dell’ingegneria militare cinquecentesca e si sviluppano lungo un percorso di circa sei chilometri ancora in buono stato di conservazione, punteggiato da 14 baluardi, 32 garritte (non tutte ancora esistenti in alzato), due piazze d’armi, due polveriere, e quattro porte di accesso: San Agostino, Sant’Alessandro, San Giacomo e San Lorenzo. Ospitano al loro interno saloni per le truppe, camminamenti per vie di fuga e per l’approvigionamento di acqua e cibo, depositi vari.
Con la loro realizzazione il volto della Bergamo antica cambiò profondamente: vennero sacrificati interi quartieri medievali e edifici religiosi che sorgevano sulle pendici della collina.
Dall’Ottocento esiste una strada panoramica che in parte ha compromesso l’originale complesso architettonico, ma il modo migliore per apprezzarle resta la salita in funicolare verso Città alta.