Roma, 21 giu. (Apcom) – La nouvelle cuisine? Altro che francese, è tutta ‘made in Italy’ e a crearla fu l’indiscusso genio italico di Leonardo da Vinci che, in pieno Rinascimento, decise insieme ad un altro calibro da novanta, Sandro Botticelli, di aprire una taverna: “Alle Tre Ranocchie di Sandro e Leonardo”. I piatti che andavano per la maggiore erano capretto bollito, carciofi, rognone di agnello, ranocchie fritte (specialità della casa), cetrioli, carote. L’iniziativa non ebbe successo, forse perché troppo all’avanguardia e i due “osti” tornarono alle loro genialità più riconosciute in quel periodo. La ‘spigolatura’ arriva dalla Fipe, che ha fotografato in una ricerca il rapporto degli italiani con il cibo, la buona tavola e i ristoranti.
Per Leonardo da Vinci, comunque, non si trattava della prima esperienza nel settore. A vent’anni, infatti, aveva lavorato come cameriere “Alle Tre Lumache”, un’osteria nei pressi di Ponte Vecchio, sempre a Firenze, dove al posto delle attuali oreficerie, c’erano le botteghe dei macellai facilitati nel poter gettare gli scarti direttamente dentro l’Arno. Alcuni testi riportano che l’improvvisa morte di alcuni cuochi indusse il proprietario a promuovere il Genio cosmico da cameriere a capocuoco. Mai occasione fu più propizia per Leonardo per cercare di “civilizzare” le pietanze servite, riducendone le porzioni da servire e disponendole in maniera coreografica sul piatto. In pratica, inventò la nouvelle cuisine: una invenzione ‘incompresa’, che raccolse soltanto malcontento tra la clientela per le porzioni ridotte, visto che il popolo dell’epoca preferiva di gran lunga le abbuffate.
La raffinatezza e il buon gusto di Leonardo anche per la tavola, però non sfuggirono agli Sforza che lo vollero a corte per curare regia e allestimento dei banchetti. Ed è proprio nelle cucine del castello sforzesco che Leonardo pensò bene di fare ricorso alla tecnologia per migliorare la preparazione delle pietanze e facilitare la vita del personale. Studiò un modo per rendere costante la fonte di calore per cucinare, inventò macchinari per pelare, triturare e affettare i vari ingredienti; studiò il modo di mandar via i cattivi odori e il fumo; costruì un apparecchio per automatizzare l’arrosto, ma anche oggetti ancora oggi indispensabili in cucina come il cavatappi, l’affettatrice e il trita-aglio.
Il successo non fu scontato per niente, perché i macchinari crearono soggezione fra gli invitati e “il direttore di sala” Leonardo fu dispensato da quell’incarico. Secondo una scuola di pensiero, Leonardo avrebbe anche messo nero su bianco alcune annotazioni culinarie che sarebbero contenute nel Codex Romanoff ritrovato (sembra) in Russia nel 1865. L’esistenza di questo manoscritto e soprattutto la sua originalità è tuttavia messa in dubbio da molti. E così per gli appassionati di Leonardo, oltre a quello della Gioconda si apre un altro enigma: quello delle ricette e del codice di comportamento a tavola.
Apa
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