C’è modo e modo di festeggiare una salvezza, e la Openjobmetis ha probabilmente scelto il peggiore: venire travolta dalla Virtus Bologna in una delle classicissime del basket italiano. Alla Segafredo Arena il tabellone finale è impietoso – 104-67 – e solo una tripla di Jaylen Hands nel finale evita un quarantello di scarto che avrebbe fotografato ancora meglio il divario emerso.
E dire che Varese aveva iniziato con un buon piglio, reggendo per un quarto d’ora. Poi, però, è arrivato il crollo: le Vu Nere hanno accelerato e i biancorossi si sono sciolti sotto il peso dell’intensità bolognese, incapaci di reggere ritmi e qualità avversaria.
Il crollo e i numeri impietosi
Con 18 palle perse, tanti errori non forzati e una difesa che ha perso coesione minuto dopo minuto, la Openjobmetis ha finito per alzare bandiera bianca troppo presto. Certo, il valore di questa Virtus – ora tutta concentrata su scudetto e primato in regular season dopo l’uscita dall’Eurolega – è altissimo, ma il crollo fragoroso ha lasciato l’amaro in bocca, anche considerando il risultato ormai favorevole da Scafati.
La cronaca
- Primo quarto: buon avvio varesino, 5-1, con Alviti e Hands protagonisti. Bologna fatica, Mitrou-Long si fa medicare dopo un colpo, ma Varese chiude avanti 13-17.
- Secondo quarto: break di 14-0 della Virtus che indirizza subito il match. Varese prova a rientrare con Alviti, ma le triple bolognesi (con Polonara e Belinelli) fanno la differenza: 45-30 all’intervallo.
- Terzo quarto: altra partenza sprint di Bologna, con Clyburn devastante. Varese resta a galla con Assui, ma chiude a -30 senza mai tirare liberi e con l’attacco totalmente bloccato.
- Ultimo quarto: poche emozioni, con Hands e Librizzi che provano a limitare il passivo. Gli emiliani toccano anche il +40 prima del definitivo 104-67.
Prossimi appuntamenti
Con la salvezza già in tasca, a Varese restano ora due partite: l’ultima casalinga contro Trieste e poi la trasferta a Venezia. Vincere almeno una volta servirebbe per onorare al meglio il finale di stagione e dare un segnale dopo il primo, vero scivolone dell’era Kastritis. E magari salutare Masnago con un sorriso, dopo una serata da dimenticare.