Gli ospedali alla sfida della riforma sanitaria: la parola chiave è «integrazione». A rivelarlo è il dottor Giuseppe Brazzoli, dal primo gennaio direttore generale dell’Azienda socio-sanitaria territoriale della Valle Olona, di Busto Arsizio e Gallarate.
Cose poco apparenti, in realtà costate molta fatica. Questa Asst nasce dalla fusione di due ex Aziende, con lo scorporo di un ospedale e l’attribuzione di quelli che erano tre distretti Asl. Il fatto di aver fatto tutto questo senza procurare disagi alle persone è già una piccola vittoria. Integrazione è la parola che descrive meglio il piano di organizzazione aziendale che stiamo predisponendo. Lo si vedrà anche visivamente.
Non è più a compartimenti stagni, per evitare di portare dentro la nostra Azienda la dicotomia che c’era prima della riforma, tra Ao e Asl. Altrimenti, non si coglierebbero i vantaggi della nuova legge.
Sono cambiate tantissime cose, ma il “front” per la gente non è ancora cambiato. Si sta lavorando anche lì, penso ad esempio all’attività “Pot” che verrà ospitata all’interno dell’ospedale di Somma Lombardo. Aver la possibilità di ricoverare e dimettere in modo protetto, e di integrarsi con i medici di medicina generale e la specialistica, dovrà essere un patrimonio da diffondere a tutti gli ospedali.
Stiamo già seguendo una sessantina di pazienti, per una sorta di beta-test dei Pot. Si lavorerà sempre più sulla cronicità, curando fuori dall’ospedale chi oggi aspettiamo che venga ricoverato quando si riacutizza. L’idea è riuscire man mano a ridurre le aree in cui rispondiamo con l’ospedale, aumentando quelle in cui rispondiamo con altri mezzi, come la domiciliarità, la specialistica, la presa in carico. Questa è l’incarnazione della riforma: un incremento dell’attività sul territorio per evitare che la risposta sia sempre e solo il ricovero.
Non si poteva andare avanti in eterno ad aumentare di dimensioni gli ospedali, sempre più costosi e insostenibili dal punto di vista economico. Con il costo di una persona ricoverata in ospedale, ne curiamo dieci a casa. Oggi si parla di telemedicina, di controllo a distanza: 12 di questi 60 pazienti sono seguiti anche con “call” telefonici. Gli ospedali di domani saranno più piccoli e più efficienti, perché appoggiati su una rete territoriale più grande, più efficiente e anche più capillare.
Abbiamo fuso tre unità operative, concentrando la degenza ordinaria. Neurologia a Gallarate, otorino e urologia a Busto. Ma non solo ci sono gli stessi posti letto di prima, abbiamo completato l’operazione aprendo a Gallarate le day surgery di otorino e urologia, che prima non c’erano. Le degenze di giornata sono quelle che tolgono tantissime persone dalle liste d’attesa, ci aspettiamo dei benefici evidenti.
No, fino a che ci saranno due realtà separate, non si possono concentrare certi reparti. Tutto rimandato ad un secondo momento, funzionale al buon esito del percorso che si sta aprendo con il progetto dell’ospedale unico. In prospettiva, le unità operative “gemelle” dovranno ragionare su come dividersi i compiti per prepararsi.
In questa fase di transizione, c’è il rischio di arrestare le attività di manutenzione?
Gli investimenti per le opere di sicurezza, fino a che si usa una struttura, sono indispensabili e non si possono fermare.
Una sfida bellissima e terribile. Bellissima come lo è cercare di fare qualcosa di buono per la tua collettività e per la città in cui sono cresciuto. Collaborare a qualcosa di positivo, mettendoci la faccia e la credibilità guadagnata in tanti anni, è affascinante. Terribile per le dimensioni: ci sono ben 450mila persone che abitano nel territorio su cui insistono i nostri cinque ospedali.n