Era il 1988 quando papà Giorgio capì che al figlio appena nato, Federico, servivano delle cure molto speciali. Cure sofisticate ed attenzioni che ha sempre trovato assieme ad una calorosa accoglienza e a tanta umanità all’Ospedale del Ponte di Varese, di cui è uno dei più fervidi sostenitori. Tanto da creare, assieme ad altri genitori, la cliccatissima pagina Facebook: «Dall’oncoematologia alla Pediatria di un Del Ponte di coraggio e di eccellenza» che conta più di mille iscritti.
C’era anche lui ieri in piazza Repubblica per sostenere la raccolta firme «Difendiamo l’ospedale dei bambini» promossa da Ponte del sorriso, Aguav (associazione genitori e utenti dell’AudioVestibologia) e Cuorieroi per bambini eroi. Tutte associazioni preoccupate per le prospettive delineate dal nuovo Piano di organizzazione aziendale strategico (Poas) presentato venerdì in Regione dall’Asst Sette Laghi.
Sono passati 28 anni da quando l’ospedale del Ponte vide la nascita di Federico Arca. «Mio figlio è venuto al mondo con una grave e rara malformazione – racconta papà Giorgio – la sua aspettativa di vita era di 16 anni».
Ma lui è stato sempre coraggioso, lo sono stati i suoi genitori e anche i medici e tutti gli operatori sanitari dell’ospedale Del Ponte che in questi anni lo hanno curato, accolto e sostenuto assieme alla sua famiglia.
E così si è compiuto quello che allora sembrava un miracolo: «Oggi Federico di anni ne ha 28 – dice papà Giorgio con un sorriso – e ci riempie il cuore di gioia». Un percorso non semplice, fatto di alti e bassi e che ha avuto il momento di maggiore criticità qualche anno fa: «Quel giorno portai mio figlio in pronto soccorso per un’aderenza intestinale e nessuno voleva operarlo, lo davano per spacciato – racconta il padre – Ero pronto a pagare un chirurgo da fuori quando Dionigi si è fatto avanti spontaneamente, dicendomi che c’era solo il 50% di possibilità di salvarlo e assumendosi tutta la responsabilità dell’operazione».
«Sono quasi trent’anni che frequento assiduamente l’Ospedale Del Ponte – racconta papà Gorgio Arca – L’ho visto crescere e ho capito che la grandezza di questo ospedale sta innanzi tutto nelle persone nei medici e in tutto il personale che lavora con passione e professionalità per offrire cure e servizi sempre all’avanguardia». E ora che sono stati spesi decine di milioni per costruire la struttura del nuovo ospedale la sua paura è che non si investa più
nelle persone. «Il nuovo Poas prevede di ricondurre diverse specialità pediatriche come la cardiologia, l’urologia, la neuropsichiatria e la audiovestibologia all’interno dei dipartimenti di specialità dell’Ospedale di Circolo, mischiando di fatto medici dei bambini e medici degli adulti – spiega – In questo modo non solo si riduce l’autonomia dei reparti pediatrici, ma si rischia di mischiare il personale e potremmo ritrovarci in pediatria un cardiologo dei grandi abituato, ad esempio ad avere a che fare con gli infarti. Non proprio una patologia pediatrica».
La questione posta da papà Giorgio e dalle associazioni che promuovono la raccolta firme è di principio: «è il dipartimento pediatrico che deve farsi carico della cura di tutte le malattie del bambino, come accade ora. Ricondurre le diverse specialità pediatriche ai dipartimenti per adulti del Circolo significa tornare indietro di trent’anni», spiega papà Giorgio. Preoccupato anche delle reazioni soggettive che questo potrebbe comportare: «Se gli specialisti che abbiamo qui, e che ricevono pazienti da tutta Italia, dovessero sentire non valorizzato o sminuito il loro lavoro, potrebbero accettare una delle tante offerte proposte da altri ospedali pediatrici – spiega Arca – e questo causerebbe un impoverimento della professionalità presente al Del Ponte».