La piccola Penny ci aiuta a entrare nel futuro

Sono molti i segnali che ogni giorno ci indicano che siamo entrati nel futuro. L’ultimo, e forse il più bello, arriva dalle Olimpiadi di Rio. È capitato infatti che Penny Oleksiak, sedici anni e due mesi, abbia conquistato la medaglia d’oro nei 100 stile libero. Ne aveva già vinte una d’argento nei 100 farfalla e due di bronzo nelle staffette 4×100 e 4×200. Penny è del gruppone dei Millennials, nata proprio l’anno Duemila. Nessuno mai della sua generazione era salito su un podio così

importante. Nello sport, il più importante di tutti. Questa ragazzina dal sorriso allegro, dai modi spicci, dalla dirompente carica agonistica viene da Toronto, Canada. Ma potrebbe venire da una qualunque delle nostre città, delle nostre case,. La sua storia? Penny inizia a nuotare all’età di 9 anni, sin dall’inizio con ottimi risultati. La scuola le concede di studiare da casa: frequenta una specie d’auto-liceo, con buon profitto. Poi, allenamenti a parte, passa ore a vedere Disney Channel e a svagarsi con la musica di Miley Cyrus. È una teenager come tante, come tutte. In più, la natura l’ha dotata d’un fisico speciale, capace quando è in acqua di ottenere risultati eccezionali. È diventata così l’immagine dei giovani di talento, che bruciano le tappe, puntano con abilità e coraggio al domani, aggrediscono il tempo invece di subirlo. Trasmette un messaggio di ottimismo e di fiducia, che è tanto più forte perché Penny appartiene al sesso debole. Debole per modo di dire, vista la sua esplosività atletica. Ancora fanciulla, ma già oltre l’adolescenza: una di quelle storie che viene voglia di chiamare favole. Favole peraltro reali, praticate in concreto, e non solo da raccontare. Brava Penny. Grazie Penny.