«Dopo tutto quello che sta emergendo credo sia opportuno da parte di Regione Lombardia presentarsi alle famiglie delle vittime di questa faccenda con reali offerte risarcitorie». È l’appello lanciato dall’avvocato del Foro di Como che sta assistendo i familiari di , una delle quattro presunte vittime dell’anestesista.
«Fermo restando le singole rilevanze penali dei singoli comportamenti dei medici e non da ultimo quello di Scoppetta – ha sottolineato il legale dei Lauria – credo, qualora fosse confermato l’impianto accusatorio della Procura che ha sviluppato ogni singolo aspetto della vicenda e che sta continuando nella sua attività di indagine, si possano ravvisare dei profili di responsabilità da parte della struttura ospedaliera in sé ma anche della Regione per quel che riguarda il comparto sanità e da qui credo sia opportuno da parte della Regione recuperare l’immagine di dignità con reali offerte risarcitorie verso tutte le vittime di questa faccenda».
Anche il Pirellone viene tirato per la giacchetta nello scandalo delle presunte morti in corsia. Già poche settimane fa l’avvocato Gualdi era andato oltre gli episodi, puntando l’indice contro la struttura di Saronno, ma aveva già sfiorato anche la Regione: «Stiamo approfondendo – aveva ribadito – diversi aspetti per far emergere nelle opportune sedi responsabilità verso la direzione dell’ospedale di Saronno, nonché eventualmente verso la stessa Regione Lombardia. Ci auguriamo che questa commissione interna non ponga muri di gomma rispetto alla verità ricercata dai familiari. Dovrà tenere conto degli aspetti risarcitori a favore delle vittime rispetto ai singoli capi di imputazione».
A distanza di poche settimane il legale è stato ancora più specifico e diretto: ha ribadito mancanze da parte del Pirellone, almeno per quel che riguarda il comparto della salute pubblica. Gualdi sta assistendo la famiglia Lauria: l’uomo, 69 anni, morì nell’aprile del 2013. Era malato terminale di tumore, ma non era in imminente pericolo di vita.
Il 9 aprile Lauria entrò in pronto soccorso per un controllo di routine: stava complessivamente bene, tenuto conto del suo quadro clinico, era loquace e scherzava con i familiari che lo avevano accompagnato in ospedale. Quel giorno però l’uomo morì, forse dopo essere stato sottoposto al sovradosaggio di farmaci, noto come “Protocollo Cazzaniga”. I familiari e il suo avvocato chiedono che si faccia luce su quella faccenda, ma intanto il legale tira in ballo anche gli enti superiori.