Gianmarco e Attilio non potrebbero essere più diversi. Uno è istrionico, irrefrenabile nelle emozioni, quasi bulimico nella carica umana capace di contagiare il mondo che viene a contatto con lui. L’altro è sicuramente più schivo, all’apparenza più riflessivo, abituato a prendersi il bastone del comando nel lavoro ma a porsi con presenza lieve e discreta, per quanto godibile, al di fuori di esso.
Uno è un sentiero ancora inesplorato nella sua maturità, uno spirito libero che deve decidere come incanalare il suo genio dopo averlo fatto deflagrare sul parquet da giocatore. L’altro è un signore che ha già costruito la casa della propria esistenza, pur conservando una fame atavica di novità e sfide come dimostrato nell’avventura varesina. Uno è un recente passato, sfortunato e un po’ gramo, un sogno collettivo vissuto a metà, un qualcosa che ci appartiene come popolo nonostante lui stesso non sappia (e noi con lui) quale possa essere il futuro che ci accomunerà
ancora. L’altro è il presente che ci ha fatto rinascere, un’ancora di salvezza scorta quasi per caso fra le onde che dovrebbe essere anche il domani degli uomini di buon senso: davvero non si riesce a trovare anche solo una motivazione per non permettergli di giocarsi le sue chance in una storia da scrivere su un libro ancora bianco.
Pozzecco e Caja, i veri protagonisti dell’ultimo romanzo biancorosso, il giorno e la notte che piacerebbero a uno scrittore proprio perché incompatibili ma conseguenziali, si sublimano nella partita di stasera (ore 18.15) al Palawhirlpool. Di fronte c’è un’occasione che – scavando oltre la sua inutilità per gli obiettivi sportivi – vale tanto per entrambi. Il Poz, seduto sul solito seggiolino di parterre a fianco della guida spirituale Renzo Cimberio, assisterà da fuori a un match che il destino gli ha tolto in modo un po’ crudele. In un mondo giusto, ad accogliere Capo d’Orlando avrebbe dovuto esserci lui, abbracciando quello che per sempre rimarrà il suo inizio in giacca e cravatta e su una panchina. In una fiaba sarebbe stato lui a trascinarsi e trascinare con l’inevitabile commozione, a scherzare con gli ex pretoriani Basile e Soragna, a onorare quella Orlandina di cui è stato re e che a lui si è affidata per conquistare la ribalta. Così non sarà e probabilmente importa a pochi: questo insieme di emozioni negate non verrà registrato dalle cronache e resterà un cruccio intimo. A Gianmarco, però, va reso onore, fosse anche semplicemente citandolo nella storia minima odierna: oggi Masnago avrà quantomeno uno spettatore diverso da tutti gli altri, nessuno escluso.
“Artiglio”, invece, lotterà per dimostrare nuovamente qualcosa a una platea che non sa ancora se amarlo incondizionatamente. È il fato degli uomini che hanno bisogno dei fatti per brillare: luce propria la possiedono solo le stelle nel cielo, il resto è arbitrario. Arbitraria è la fama che uno si porta dietro, arbitrario è l’apprezzamento che si basa sull’apparenza, arbitrarie sono le scelte, in qualunque senso andranno. Caja, però, ha dalla sua una classifica rivoltata come un calzino, una squadra che seguendolo come un mantra è diventata tale, un gioco piacevole che non si apprezzava a questi lidi da almeno un anno e mezzo. Più fatti di così non si può. Ne mancano altri tre per completare l’opera, poi sarà quel che sarà.
Per il resto Varese-Capo d’Orlando è una cosa così, da prendere un po’ come viene: fosse la replica di Sassari ci divertiremmo tutti. Mancherà quasi certamente Eyenga ed è un brutto colpo per lo spettacolo; ci sarà Diawara, cui auguriamo di trovare un minimo di soddisfazione dopo tanto penare per i problemi fisici; ci saranno la comparsa Okoye che tanto si impegna per diventare attore, un Casella che potrebbe trovare nel “tempo spazzatura” la sua nuova primavera e un Rautins chiamato a non lasciare un ricordo definitivamente negativo. Perché – per lui e tanti altri – fra meno di un mese solo il ricordo dovrebbe restare. Capo d’Orlando è serena e sbarazzina, tira da fuori con mano leggera e conta su un mix italo-americano piuttosto valido, tra vecchi lupi del parquet e nomi in rampa di lancio: occhio a McGee e Hunt, due fili dello stesso gomitolo, ma attenzione anche a chi – Basile, Soragna, Pecile e Nicevic – dopo aver salutato il Poz proverà anche a farci la festa.