La spalla esce, il tifoso no «Un varesino non molla»

A Varese non si molla mai, in campo e sugli spalti. E poco importa se ti sei lussato una spalla. A Varese siamo fatti così, e l’incredibile storia di Massimilano Zanchini ne è la testimonianza.

La gioia dopo il vantaggio di Pavoletti a Novara è sconfinata, in curva si esulta, ci si abbraccia, è una liberazione. Durante i festeggiamenti, Massimiliano si lussa una spalla. Il dolore è forte, i sanitari presenti allo stadio lo vorrebbero portare in ospedale. Ma lui è lì per tifare Varese, e non se ne va.

«È stata una cosa spontanea, un movimento veloce – racconta – Io pratico sport e non è la prima volta che mi capita: mi basta davvero poco per far “uscire” la spalla. Mi sono accorto subito della gravità della cosa, faceva molto male. Sono andato dalla Croce Rossa per farmi aiutare, da solo non riuscivo. Volevano portarmi in ospedale: ma ero lì per seguire la partita, per tifare Varese. Mi sono rifiutato, allora mi hanno aiutato a risistemare la spalla e mi hanno dato del ghiaccio, così sono tornato al mio posto».

Il suo resistere al Piola nonostante una spalla lussata rispecchia il carattere, la corazza dei tifosi varesini, che sono la benzina per la salvezza. Il dodicesimo uomo in campo, sempre il migliore. «Credo si sia visto l’affetto di coloro che tengono veramente al Varese – osserva Massimiliano – Eravamo quasi mille persone, tutte attaccate alla maglia, attaccate alla squadra, anche nel momento più duro. Purtroppo ci sono stati altri momenti, come i playoff di due anni fa, in cui c’erano tifosi che mettevano piede per la prima volta allo stadio, e probabilmente non ci sono più tornati. Abbiamo passato fasi difficili, ma il calore dei tifosi c’è sempre stato. A Varese è così, la tifoseria è un valore aggiunto, una vera e propria arma in più. È capace di spronare la squadra quando serve, come contro Cittadella e Brescia».

E la passione per il Varese viene fuori soprattutto in momenti così, quando serve soffrire tutti assieme, quando è necessario fare quadrato, trovare un’empatia tra spalti e campo.

«A Novara è stata una bella partita, soprattutto rispetto alle sette sconfitte consecutive. Valeva la pena di soffrire un’oretta, si poteva resistere. I giocatori hanno messo il giusto carattere sul campo, anche il Novara ha fatto il suo, mettendoci in difficoltà all’inizio».

Guai però a parlare di fortuna: per Zanchini tutto ciò che il Varese si sta riprendendo sul campo non ha nulla a che vedere con la sorte. «Non credo molto nella fortuna. Nel calcio, come in ogni altra cosa, il lavoro paga. Si fa fatica, ci si pone un obiettivo e si fa qualsiasi cosa per raggiungerlo. La scelta di Bettinelli rispecchia la forma imprenditoriale vincente del Varese, che aveva funzionato con Sannino e Maran. Però abbiamo vinto solo il primo tempo, il secondo è ancora da giocare».

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