La Stella di Varese brilla in Croazia: Pozzecco e Mrsic i nostri campioni

L’editoriale del nostro Fabio Gandini

La vita è fatta di virgole e di punti. Essa a volte si costringe addirittura nell’esigenza di andare a capo, marcando in maniera evidente la distanza tra un prima e un dopo e la volontà di ricominciare da qualcosa di totalmente diverso. Gianmarco Pozzecco e Veljko Mrsic, prima di scrivere una bella pagina del loro romanzo professionale ed esistenziale con la vittoria del campionato croato di pallacanestro certificata nei giorni scorsi, hanno cambiato platealmente riga dopo aver vissuto l’enorme

delusione del fallimento in una patria cestistica che li aveva accolti come allenatori-salvatori, gonfiandoli di aspettative che bruciavano nel ricordo dello loro indimenticabili gesta da leggendari giocatori biancorossi.
Sconosciuto è il contrappasso del destino che ti ha glorificato: per Pozzecco ha avuto le sembianze di una tremenda agonia sportiva e personale, di mesi di soffocamento strozzati in gola e culminati nel triste – ma inevitabile per il peso gravante sulla sua anima – gesto delle dimissioni in un uggioso pomeriggio di fine febbraio; a Mrsic è andata addirittura peggio, perché nel passaggio dal campo alla panchina ha visto la sua figura di invincibile cannoniere dell’indimenticabile Stella inquinata da una retrocessione altrettanto non cancellabile dalla memoria.
Il loro trionfo corrente è il successo di chi ha saputo ripartire dal basso, dalla lontananza, dalla periferia dell’impero. Ed è dolcemente pieno di significato soprattutto per Gianmarco, il quale avrebbe potuto seguire mille strade diverse dopo l’addio al “pino” varesino, compresa quella di rimanere tra le mura amiche a reclamare un ruolo che comunque la Pallacanestro Varese gli avrebbe trovato.
No, niente di tutto questo: è andato al di là dell’Adriatico a fare il secondo, ad aiutare un amico, a “pulire le lavagnette”, a mettersi in disparte da una luce dei riflettori che lo aveva sempre illuminato. A imparare, soprattutto, quasi volesse emendare a se stesso la “colpa” di aver creduto in un sogno ancora troppo grande. Una scelta di cuore – per nulla sorprendente da lui – che ha emozionato allora ed emoziona ancora di più oggi che è diventata una piccola favola.