alza il naso verso una fila di nuvolette nell’azzurro sopra il Campo dei Fiori, e scuote la testa piena di ricci: «C’è tempesta in Svizzera. Lo senti? Oggi non si vola». Siamo nella vecchia Barasso, davanti alla bottega del ferro battuto di proprietà dei Martinoli dal 1874.
Lorenzo, classe 1960, è la quarta generazione, dopo Silverio, Vincenzo e Arnaldo, che lavora alla fucina e all’incudine per creare oggetti, utensili e inferriate. Nato e cresciuto al caldo della fornace,
nelle orecchie il rumore del martello e nera fuliggine sulle mani, Lorenzo ha saputo reinventare con passione un lavoro antico e renderlo competitivo.
Mente analitica, capacità di progetto, resistenza allo stress psicofisico sono le qualità che, chiusa alle spalle la porta dell’officina, Lorenzo mette in campo per la sua seconda passione, importante almeno quanto la prima: il volo libero in parapendio. Uno sport affascinante, il più vicino alla totale fusione dell’uomo con l’ambiente: quando ci si lancia nel vuoto e nel silenzio, con solo una piccola vela sopra la testa, uomo e vento diventano una cosa sola. Nel varesotto, ricco di montagne e spazi verdi, il parapendio regala grandi soddisfazioni: questa la prima cosa che hanno detto ad un incredulo Lorenzo quando chiese di poter frequentare i corsi alla scuola di parapendio di Castelluccio di Norcia, era il 1994, ma lui non aveva dimenticato la bellezza del volo dei primissimi parapendisti visti sette anni prima atterrare nella suggestiva piana umbra delle lenticchie.
Abitare nel territorio varesotto è una grande fortuna per Lorenzo, che ha una predisposizione naturale al gesto sportivo intenso essendo abituato a scendere in kaiak lungo i fiumi alpini più pericolosi. «Puoi affrontare le discese dei fiumi più difficili se li conosci bene: il volo e l’aria non sono diversi. Il parapendio non è di per sè uno sport pericoloso».
Serve però una formazione molto specifica con lezioni ed esami teorici e pratici. oltre a una trentina di voli alle spalle prima di poter conseguire il brevetto di volo. «Piuttosto, bisogna averne la predisposizione mentale e caratteriale» sorride Lorenzo, mescolando il fascino elegante della erre moscia all’andatura dinoccolata da montanaro.
Lorenzo si è formato sotto la guida dello storico istruttore alla frequentatissima Scuola di Volo di Laveno, che dispone del Pradaccio come campo di atterraggio per i parapendisti che si lanciano da Sasso del Ferro e dal Monte Nudo.
Un terzo punto di decollo, dalla cosiddetta “trigonometrica” della Punta di Mezzo sulla cresta del Campo dei Fiori, prevede un atterraggio classico nei grandi pratoni a Barasso o vicino alla chiesa di Sant’Eusebio a Casciago. «Partire da lì è più ostico, perché la montagna non scende a picco ma è a forma di panettone, quindi bisogna salire molto in alto per poter compiere un volo più lungo verso l’atterraggio. Una delle cose che amo di più è partire a piedi da casa mia, salendo alla Punta di Mezzo con lo zaino della vela sulle spalle». Un controllo alle previsioni meteo, quelle del portale Astrogeo dell’Osservatorio della Cittadella del Campo dei Fiori sono sempre molto affidabili, e via, ad annusare l’aria. Intravedere l’orizzonte che si fa curvo, oppure sentirsi vertiginosamente trasportare a 10 metri al secondo in su dove fa più freddo, da una corrente ascensionale in condizioni limite, o percorrere oltre cento chilometri e arrivare al Gottardo.
«Il parapendio è il meno costoso fra gli sport dell’aria», le sole voci di costo da sostenere sono il corso per il primo brevetto, circa mille euro, l’attrezzatura di volo composta da vela, GPS e variometro (in tutto circa 3500 euro) e l’iscrizione alla Federazione Italiana Volo Libero che provvede ai certificati assicurativi. «Se poi si vuole arrivare a fare agonismo le possibilità sono molteplici e ti portano nei posti più belli del mondo» Lorenzo qualche anno fa ha partecipato a gare di campionato italiano e ad una competizione internazionale nelle montagne di Pokhara, in Nepal, buttandosi da un campo base a 3.000 metri. «Oppure si può condividere l’emozione del volo portando un passeggero con una attrezzatura biposto che richiede un brevetto dedicato», dice Lorenzo che è anche Presidente dell’ASD “Ali del Campo dei Fiori”. «Mi è capitato di accompagnare in volo un bimbo di dieci anni, è stato irremovibile dopo aver il fratellino maggiore volare: sono sicuro che compiuti i sedici anni si iscriverà alla scuola. E c’è stato anche un arzillo signore di 77 anni che mi ha chiesto di fare un volo con lui». Quest’anno non è stata una buona stagione di volo, si corrucciano i suoi occhi celesti. «Ho volato poco, di solito faccio 40-50 voli l’anno, ora a causa delle condizioni atmosferiche sono fermo a una decina». Annusa l’aria e sospira: «Magari domani si vola».