CASALZUIGNO Assolto «perché il fatto non costituisce reato». Così ieri pomeriggio ha sentenziato Anna Giorgetti, giudice monocratico nel tribunale di Varese. Il 44enne Roberto Pianezza non c’entra nulla, con la morte del giovane Alessio Palomba. Lui, Pianezza, non è stato né imprudente, né malaccorto. Nulla poteva fare perché la Kawasaki Z750 guidata dal 23enne di Cuveglio evitasse l’impatto mortale contro la sua Lancia Y.
Difeso con successo dall’avvocato Pierpaolo Caso, per l’imprenditore edile di Casalzuigno è la fine di un incubo.
L’uomo era accusato di omicidio colposo per aver avuto parte nello schianto che, poco dopo le 21 dell’11 settembre 2008, costò la vita al giovane motociclista di Cavona. Ma ieri anche la pubblica accusa ha chiesto la sua assoluzione.
Secondo la ricostruzione effettuata in aula, quando Pianezza impegnò l’incrocio di via Maroncello per immettersi sulla Statale 394, a Casalzuigno, lo fece dopo essersi assicurato che nessun veicolo arrivasse da destra o da sinistra. La moto di Palomba (definita «un missile» dal viceprocuratore onorario Davide Toscani) distava oltre 140 metri dall’incrocio ed era nascosta da un dosso. Purtroppo viaggiava a una velocità che, secondo i periti dell’accusa, oscillava tra i 147 e i 177 chilometri orari. In quella sciagurata sera, la Kawasaki coprì in un amen la distanza che la separava dalla Lancia Y, e si scontrò contro la fiancata destra della vettura con una forza tale da far roteare l’auto su se stessa. Per Palomba non ci fu nulla da fare.
La tragedia di Alessio colpì al cuore l’intera provincia. E diventò addirittura un caso nazionale quando, appena sette mesi dopo, sulla stessa strada perse la vita anche il fratello gemello Manuel. Anche a lui fu fatale un incidente motociclistico. Anche lui viaggiava su una Kawasaki Z750.
e.romano
© riproduzione riservata