– Il caso del corvo in cardiochirurgia ha un risvolto accademico. Un comitato universitario ha infatti steso dubbi sullo studio che fu all’inizio della vicenda. Un chirurgo (assolto per un pasticcio giudiziario) pubblicò, secondo l’accusa, un falso studio nel 2005. Un altro medico lo scoprì e lo denunciò.
Il medico sbugiardato, che oggi lavora in Inghilterra, mandò lettere anonime ai familiari di una paziente morta dopo un intervento. Accusando chi lo aveva denunciato di aver fatto degli errori causando la morte della paziente. Tutto falso: il fascicolo per omicidio colposo aperto a carico della vittima del corvo è stato archiviato. Nessun errore.
Al momento è in corso un processo per mobbing a carico dell’ex primario della cardiochirurgia nei confronti di chi denunciò la falsità della ricerca. Che oggi viene confermata. Una commissione d’inchiesta interna dell’Università dell’Insubria ha riconosciuto, pochi giorni fa, che uno studio scientifico partito da Varese e inviato all’università svedese di Umea presenta molti dubbi di scientificità. Lunedì scorso il senato accademico, a Como, ha valutato i risultati della commissione di indagine, in merito alla presunta falsità dei contenuti esposti nell’articolo, uscito nel 2005, tra gli autori del quale figurano docenti ed ex docenti dell’ateneo. Il risultato è che anche la commissione interna dell’Insubria conferma i dubbi, in una relazione redatta da cinque docenti: , , , , .
Il compito a cui erano stati chiamati i membri della commissione era quello di stabilire la veridicità dell’articolo scientifico dal titolo “Relationship between atrial histopatology and cardiovascular surgery”. La commissione, dall’ottobre del 2015, ha svolto un’indagine preliminare, in cui ha ascoltato i medici che avevano collaborato allo studio, e il coautore . Lo studio era diretto a verificare se i pazienti con presenza di fibrillazione atriale post operatoria potessero mostrare alterazioni istopatologhche a livello dell’atrio destro e come tali cambiamenti potessero essere messi in relazione alla tecnica cardiochirurgica utilizzata. A tal fine furono messi a confronto 70 pazienti di cui 35 sottoposti a rivascolarizzazione coronarica eseguita con tecnica convenzionale (definita on pump) e altri 35 anni con un’altra tecnica (definita off pump).
Nelle sue conclusioni il gruppo di lavoro ha osservato che i consensi informati dei pazienti che hanno partecipato allo studio sono scomparsi (o distrutti). Ma soprattutto ha osservato che non è stata eseguita la cosiddetta randomizzazione, una tecnica che permette l’applicabilità dei modelli probabilistici metodologici dello studio. Inoltre si è registrata una “incoerenza dei dati impiegati nello studio, come di evince dai database”.