VARESE Poca informazione e ancora una mentalità troppo diffusa, quella del «a me non può succedere»: sono queste le armi che l’Aids ha per farsi strada anche in provincia di Varese.
In occasione della giornata mondiale per la lotta alla malattia, l’Asl riporta i dati dell’ultimo anno. In provincia, sono 34 i nuovi contagi nel 2011. Di questi, 26 erano uomini, e solo in un caso il contagio è derivato dall’uso di droghe. E i giovani sono sempre più
bersagliati, perché poco informati e «Solo un quarto dei malati è cosciente della propria situazione – dice Giovanni Daverio, direttore generale dell’Asl provinciale – è necessario continuare ad informare, perché i comportamenti a rischio sono solo un problema di responsabilità personale».
Il responsabile del dipartimento dipendenze, Vincenzo Marino, spiega che sono i più giovani ad essere più a rischio. Anche per questo, sabato pomeriggio alle 17, in piazza Monte Grappa l’Informagiovani ha organizzato il «bacio collettivo», flash mob di sensibilizzazione dedicato ai ragazzi. «Nel 2009 – racconta Marino – abbiamo condotto un’indagine tra i quindicenni della provincia. Il 22,65% aveva avuto rapporti completi, ma il 28,51% di loro non aveva usato il preservativo».
Un comportamento derivato, secondo Marino, in parte dall’abuso di alcol o droghe, sostanze che alterano la percezione dei rischi, in parte da una mentalità distorta che si è creata nel tempo. «All’inizio, l’Aids è stato un trauma per l’Occidente: dopo decenni in cui le malattie infettive erano curabili, arriva un killer letale. Si è reagito isolando i malati, e pensando “a me non capita, perché non mi drogo e non ho rapporti omosessuali”». Questo ha portato, oggi, al fatto che anche a Varese la maggior parte dei contagi arriva da rapporti non protetti tra eterosessuali.
Una mentalità confermata anche dal Gruppo Mares, unità di strada che assiste le vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale: «Le ragazze in strada riferiscono che sempre più clienti chiedono rapporti non protetti – racconta il coordinatore dell’associazione, Marco Frigerio – le ragazze, però, tendono a rifiutare. Lo dimostra anche il fatto che, nei nostri dieci anni di attività con una media di 150 contatti l’anno, le contagiate si contano sulle dita di una sola mano».
Dopo un rapporto a rischio, dice Marino, «è possibile avere un servizio di counseling nei Sert o al centro per le malattia a trasmissione sessuale dell’Asl a Varese: il test Hiv è gratuito, anonimo, e prevede colloqui con medici esperti prima e dopo i risultati».
Perché se grazie al “protocollo Haart”, cocktail di farmaci ad hoc, l’Aids è diventato una malattia cronica, resta un pericolo facile da evitare.
s.bartolini
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