MILANO – “Sono stupita della sentenza di condanna. Tutti gli elementi emersi nel corso del dibattimento militavano per una pronuncia assolutoria”. Così in una nota l’europarlamentare Lara Comi ha commentato la decisione con cui il Tribunale di Milano l’ha condannata a 4 anni e 2 mesi di carcere nell’ambito del processo ‘mensa dei poveri’.
“L’accusa di corruzione del direttore generale di Afol si fonda su dichiarazioni rese dall’avv. Bergamaschi in corso di istruttoria” e sono state “confutate da riscontri oggettivi” ossia i messaggi WhatsApp ritrovati sul telefono dell’avvocato ligure. La quale “in dibattimento ha dichiarato espressamente di non avere mai avuto richieste” da Comi “di riconoscimento di somme al direttore generale di Afol, scagionandomi dalle accuse mosse”. “
Per la truffa che sarebbe stata perpetrata con l’aumento di stipendio riconosciuto ad Aliverti, addetto stampa, – prosegue la nota – sono stati prodotti tutti i documenti attestanti le maggiori attività da lui svolte” e che hanno legittimato “tale aumento retributivo” ritenuto congruo da una consulenza. Riguardo all’altro episodio di truffa, “gli emolumenti riconosciuti al collaboratore Saia, sia la Gdf che Banca d’Italia hanno accertato che le somme percepite da detto collaboratore non sono mai state riversate in alcun modo all’onorevole Comi, come peraltro lo stesso Saia ha dichiarato al dibattimento. E’ quindi evidente – chiude la nota – che impugneremo una sentenza che ribadisco ritengo ingiusta e lotterò in ogni sede per dimostrare la mia innocenza”.