VARESE «Lascio tutto per fare la sarta di bottega». È la storia di Marina Malinverni, madre di un figlio di 30 anni, con la passione per i viaggi, il mare, l’ecologia e soprattutto la sartoria. L’idea di prendere macchina da cucire, ago e filo le passava per la testa da diverso tempo, fino a decidere di provarci davvero. E ora è già quasi un mese che lavora in via Robarello 2, in un locale ribattezzato “laboratorio
di Marina”.
Fino a qualche tempo fa era una libera professionista nel settore della sanità. «Ma le persone ormai si documentano su internet e, sbagliando, si affidano a cure fai da te – racconta – In compenso, poche sanno sostituire le fodere, stringere, allargare, accorciare i pantaloni o rinnovare capi di abbigliamento. Così ho deciso di aprire un laboratorio di sartoria e di farlo seriamente».
La figura del sarto è andata scomparendo negli anni. Ha influito la diffusione dell’abbigliamento low cost, nonché la fatica richiesta dal compito. Per un sarto non esiste orario di lavoro. Ultimamente, però, con la crisi, le persone hanno cominciato a sentire la necessità di riparare i capi di abbigliamento anziché liberarsene.
Le sartorie hanno quindi ripreso a diffondersi, la maggior parte gestite da cittadini cinesi, che sono praticamente gli unici a conoscere i segreti del mestiere.
«Io ho imparato da mia zia che faceva la sarta e che, da bambina, mi metteva seduta al tavolo a fare lavori di precisione – racconta Marina – Ho fatto una bella gavetta e nel frattempo ho sviluppato una passione, che è quella di dare nuova vita alle cose». Non a caso, lo slogan scelto da Marina per il laboratorio è “niente muore, tutto si rigenera”.
«Mi piace pensare che tutto possa avere una seconda possibilità – dice – Sto pensando anche di creare una “linea” da zero, realizzando e personalizzando capi in maglieria colorati in modo naturale. Ho preso accordi con un laboratorio artigianale che lavora le pelli per creare borse con inserti».
L’attività è partita con il piede giusto. «Praticamente, dal momento in cui ho aperto, non ho mai smesso di lavorare – conferma Marina – Di media entrano sei o sette clienti al giorno e capita che ognuno di loro porti più di un capo da sistemare. Ci sono lavori di tutti i tipi, compresi i più semplici. Dal rammendo, alla sostituzione delle cerniere lampo. E c’è chi mi chiede anche di attaccare i bottoni perché, cuciti in casa, si staccano».
Marina è stata accolta festosamente nel rione. «I primi giorni di apertura le persone mettevano la testa nel laboratorio, mi chiedevano chi fossi e mi auguravano di avere fortuna. In via Robarello, poi, i negozianti sono splendidi. Stiamo creando una sorta di isola commerciale dove siamo tutte donne e cerchiamo di fare il possibile per offrire un buon servizio».
La sartoria è un mestiere antico, ma un bravo sarto deve saper sfruttare i new media per farsi conoscere. L’attività di Marina è su Facebook, all’indirizzo “il laboratorio di Marina”.
Adriana Morlacchi
s.bartolini
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