Personale non ministeriale nelle cancellerie: scattano restrizioni in via precauzionale.
E arriva l’ira degli avvocati: «Nella cancelleria del dibattimento penale – raccontano i professionisti – ha sempre operato come cancelliere uno dei lavoratori arrivati in tribunale attraverso gli elenchi di mobilità. Non un ministeriale sottoposto a segreto istruttorio. Da questa mattina (ieri, ndr) non ha più i codici di accesso a nulla».
E l’ira non finisce qui: «Non solo – aggiungono gli avvocati – Su disposizione del presidente del tribunale non possiamo più portare i nostri fascicoli, cioè i fascicoli relativi ai clienti che assistiamo, fuori dall’ufficio. Non possiamo portarli nemmeno nella stanza accanto per poterli consultare».
«Stando alla nuova disposizione dobbiamo studiare decine di pagine con contenuti estremamente delicati, in piedi, davanti al personale dell’ufficio, con il via vai di colleghi e altri operatori».
E già
oggi potrebbe arrivare una presa di posizione da parte quantomeno dei penalisti: una lettera ufficiale di protesta per la situazione inviata al presidentee soprattutto al presidente della corte d’appello di Milano che già in due occasioni ha presieduto un tavolo di confronto tra tutte le parti che operano in seno al tribunale di Varese invitando la presidenza a trovare al più presto una soluzione.
Non è escluso che, se l’invito venisse disatteso e la situazione al palazzo di giustizia di piazza Cacciatori delle Alpi non si sbloccasse, potrebbero essere presi provvedimenti sino al commissariamento.
La nuova bufera che ha travolto la giustizia varesina dopo l’esposto presentato dalle Rsu contro il presidente Piglionica e l’apertura (quale atto dovuto) di un’indagine da parte della procura di Brescia aggrava, se possibile, la già disastrosa situazione sul fronte della mancanza d’organico tra il personale amministrativo da mesi denunciata con fermezza e che rischia di paralizzare l’attività del palazzo di giustizia.
«Noi non sapevamo nulla – spiega, presidente dell’ordine degli avvocati di Varese – Queste persone lavorano qui da anni. Si sapeva soltanto di una convenzione tra il tribunale e delle società private ma certo non ne conoscevamo i termini».
L’ipotesi che con l’esposto si chiede all’autorità giudiziaria di verificare è quella dell’utilizzo “illegittimo” di almeno sei lavoratori. Pagati da una società privata per gestire la pubblicità delle aste fallimentari, ma di fatto, negli anni (almeno gli ultimi sei) utilizzati nelle cancellerie senza essere sottoposti al vincolo del segreto istruttorio e con accesso a informazioni sensibili che, potenzialmente, avrebbero potuto far uscire da quegli uffici.
«Svolgevano il lavoro dei ministeriali – spiegano le Rsu – senza aver mai preso parte a un concorso o aver fatto giuramento».
«In quegli uffici – precisa Martelli – non si sono mai registrati problemi particolari. E queste persone lavoravano andando a supplire carenze che altrimenti sarebbero diventate pesantissime. L’indagine chiarirà l’accaduto. Come principio base vale sempre quello di seguire le regole. Ma senza l’apporto di privati il nostro sistema giudiziario si paralizzerebbe. E davvero qui a Varese potremmo anche chiudere e andare a fare altro».
Il clima ieri mattina era comprensibilmente teso negli uffici. Resta da capire perché se questa situazione era nota da anni l’esposto è stato presentato soltanto negli ultimi mesi e perché un’azienda privata dovrebbe pagare i propri dipendenti per svolgere un lavoro per altro ente.