Giornata nera quella di ieri per la provincia di Varese. Numerose le manifestazioni e le proteste da parte di lavoratori da tempo senza stipendio o “vittime” da anni del blocco del tetto salariale.
Dalla protesta ad alta quota alle 10.30 di ieri mattina in via Monte Generoso, dove operai dipendenti di un’impresa edile di Milano sono saliti sul tetto della nuova palestra in via di rifinitura perché da sei mesi non percepiscono lo stipendio, alla protesta di tutte le sigle sindacali delle Forze dell’ordine a causa dei costanti tagli al comparto.
Sino al presidio all’esterno dell’Inps da parte dei lavoratori della ditta Bianchi di Gazzada che da un anno non percepiscono un euro, nonostante il ministero abbia concesso la cassa integrazione straordinaria per fine attività. Situazione dura per 80 famiglie.
Insomma, la situazione occupazionale della nostra provincia è ben lontana dal raggiungere la fine del tunnel di questa lunga e pesante crisi. E i dati parlano chiaro. «Da gennaio 2014 al 30 agosto scorso – spiega , Cgil Varese apparato confederale – sono stati 2.300 i licenziamenti nelle aziende che contano più di 15 dipendenti. Ma questo è un dato imperfetto perché non abbiamo il report delle piccole e medie imprese con meno di 15 dipendenti. Si stima che complessivamente, entro la fine dell’anno, i licenziamenti supereranno quota cinquemila».
Ma anche il dato annuale legato ai dipendenti passati a contratti part time involontari sono preoccupanti. «Quando le aziende esauriscono la possibilità della cassa integrazione in deroga e ordinaria, per evitare il licenziamento dei lavoratori trasformano i loro contratti full time in part time. I part time involontari in provincia si aggirano tra i 2.200 e i 2.500 all’anno».
Apparentemente, secondo i dati raccolti dalla Cgil, la cassa integrazione in deroga sembra aver registrato una leggera diminuzione. «Apparentemente perché le maglie si sono ristrette: moltissime aziende hanno terminato i periodi di fruizione degli ammortizzatori di cassa in deroga. Le aziende sono arrivate al capolinea – continua Martignoni – Questo significa che il calo degli ammortizzatori di cassa integrazione non è ascrivibile a una effettiva ripresa lavoro, ma purtroppo le aziende si stanno muovendo o con i licenziamenti e con i part time involontari».
Una situazione che preoccupa i sindacati. «Saremmo i primi ad esser contenti e a gioire del fatto che ci possa essere una situazione che ci porti fuori dalla crisi – commenta , segretario generale Cgil – Spesso noi sindacati veniamo accusati di avere una visione distorta della realtà, ma purtroppo i fatti ci danno ragione. Stiamo registrando un aumento fortissimo dei fallimenti aziendali, più dell’anno scorso».
«Serve uno scatto di orgoglio»
Quello che Colombo ritiene che debba essere messo in campo sono interventi a livello nazionale per garantire ammortizzatori sociali alle aziende e ai lavoratori che ne hanno bisogno.
«Noi diciamo il lavoro deve tornare a esser una priorità, lo diciamo come Cgil, Cisl e Uil. Occorre rilanciare anche a livello varesino le politiche attive del lavoro, quasi smantellate, ma che risultati li avevano avuti in passato. Bisogna che si chiedano interventi di politica industriale a livello nazionale, ma c’é anche bisogno di uno scatto di orgogli del territorio».n
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