Le piccole imprese urlano ma in Italia contano i “salotti”

Ne hanno parlato, ne hanno scritto, hanno riportato numeri, volti e alcuni dettagli. Ma non basta.

Strano che, nell’era mediatica per eccellenza, un evento tanto dirompente sia stato raccontato in maniera tutto sommato canonica.

Come se la manifestazione di Rete Imprese Italia, svoltasi a Roma il 18 febbraio, fosse uno dei tanti esercizi di stile: uno sfogo, una rivendicazione legittima almeno quanto ininfluente. Non è così. Oggi l’eco di quella marcia non si è ancora spenta. Perché non è stata un’iniziativa convenzionale né donchisciottesca. È stata una presa di posizione forte, coinvolgente, innovativa. Una scelta di rottura, che ha creato un prezioso precedente e che ha definitivamente sdoganato un esponente varesino come Giorgio Merletti, presidente nazionale di Confartigianato. Sul palco di piazza del Popolo, di fronte a 60mila persone, lo storico leader degli artigiani varesini ha usato parole forti, dure, inequivocabili. «Siamo incazzati!».

E poi: «Caro Matteo Renzi, abbassa le tasse o ti faremo nero». E ancora: «Non abbiamo perso la speranza, ma la pazienza». Frasi dirette, ruvide, poco istituzionali. Ma significative. Rivolte al nuovo Governo, alla politica in generale. Ma anche al sistema confindustriale, che quella piazza non rappresentava e da cui, anzi, voleva esplicitamente distinguersi. Quello di Rete Imprese Italia è un nuovo modo di raccontare la piccola e media industria e di rivendicarne i bisogni, le urgenze, le immediate necessità.

L’epoca della concertazione classica si è chiusa. I colossi pubblici, il caos di Alitalia, le vicissitudini targate Fiat, hanno approfondito il solco che separa il tessuto produttivo e manifatturiero da un sistema parastatale che troppo spesso ha condizionato (o addirittura pilotato) tavoli e trattative.

Le piccole e medie imprese sono stanche di cedere il passo, di portare la croce, di vivere in un Paese in cui il dibattito appare avulso dalla realtà, perennemente relegato a salotti televisivi dove si recita a soggetto. Confcommercio, Confartigianato, Confesercenti, Cna e Casartigiani rappresentano la carne viva dell’economia italiana.

Se hanno deciso di unire le forze è perché sono stufe di stare nell’anticamera, di essere considerate figlie di un dio minore, relegate al ruolo di spettatrici, mentre altri decidono del loro destino. Piccole aziende, piccoli artigiani, partite Iva, avevano bisogno di una voce inedita e più efficace. Affinché il mondo delle Pmi, stressato dalla burocrazia e piegato dalle tasse, riuscisse a riconoscersi in uno stile meno grigio. E in un linguaggio lontano da quel sistema che ha deluso tutti, compresi molti di coloro che avrebbero dovuto scardinarlo e che hanno invece contribuito a consolidarlo, sclerotizzarlo, renderlo ermeticamente autoreferenziale.

Insomma, il 18 febbraio si è imposto sulla scena nazionale un modo nuovo e diverso di fare associazione e di rappresentare gli interessi degli imprenditori. Rete Imprese Italia ha una forza di gran lunga superiore alla somma delle anime che la compongono. Anche perché, a differenza di altre realtà, il suo corpo, la sua testa e il suo cuore, sono ben piantati qui, nel Nord Italia. A Roma va ogni tanto, toccata e fuga. E non ci va per fare salotto, ma per battere i pugni sul tavolo.

Matteo Inzaghi*

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