Alessandro Limido, leader del discusso gruppo Comunità Militante dei Dodici Raggi, legato ai valori del fascismo e del nazionalsocialismo, ha recentemente ricevuto un ordine di carcerazione per un cumulo di pena pari a 17 mesi di reclusione. Questo risultato è frutto di tre condanne ormai definitive, tutte relative a reati commessi nel contesto delle attività del gruppo. Tuttavia, Limido sta cercando di evitare il carcere attraverso la richiesta di misure alternative alla detenzione, essendo ormai esclusa la possibilità di sospensione della pena.
Una delle condanne che dovrà scontare è relativa a sei mesi di reclusione per apologia del fascismo. Tale sentenza è collegata a un episodio avvenuto ad Azzate, quando Limido e il suo gruppo affissero striscioni in segno di protesta contro un incontro organizzato dall’Anpi, con il patrocinio del Comune, in cui era ospite lo scrittore Francesco Filippi. Filippi aveva presentato il suo libro intitolato Mussolini ha fatto anche cose buone. Un libro sulle idiozie che continuano a circolare sul fascismo. L’episodio portò a una querela da parte dell’allora sindaco Gianmario Bernasconi, che denunciò l’affissione di striscioni firmati dal gruppo Dodici Raggi, tra cui uno con la frase “Mussolini non si tocca”, collocato sulle mura del palazzo comunale.
Inizialmente, Limido era stato assolto dal Tribunale di Varese, ma successivamente la Corte d’Appello lo condannò. Tra i reati contestati, figurano inoltre altre azioni propagandistiche del gruppo estremista. Tuttavia, grazie all’intervento del suo avvocato, Gabriele Bordoni, è stata ottenuta l’applicazione della disciplina del reato continuato. Questo principio giuridico ha permesso di collegare le tre sentenze in un’unica pena complessiva, riducendo così la reclusione a otto mesi.
La decisione della quarta Corte d’Appello di Milano rappresenta un punto chiave per Limido, il quale, grazie alla riduzione della pena, spera di ottenere misure alternative alla detenzione. L’obiettivo dichiarato è quello di evitare il carcere, tentando di scontare la pena in modo meno afflittivo, anche alla luce del fatto che il reato continuato è stato riconosciuto tra le diverse sentenze. La vicenda resta comunque un caso emblematico di come la propaganda neofascista possa sfociare in conseguenze legali significative, soprattutto quando si scontra con manifestazioni culturali di segno opposto, come nel caso della contestazione all’incontro dell’Anpi.
L’episodio risale a cinque anni fa, quando il sindaco Bernasconi decise di sporgere querela dopo l’affissione degli striscioni, che includevano anche un volantino con la frase “Francesco Filippi non sbagliare strada, Ventotene ti aspetta, Azzate no!”.