Sdoganata ormai in campo farmaceutico, industriale e perfino agroalimentare, la legalizzazione della cannabis incontra ancora forti resistenze se si tratta di un uso «ludico-ricreativo». E più delle differenze generazionali, nella classe dirigente della città giardino conta l’appartenenza politica, con esponenti di centrodestra schierati compatti su posizioni più proibizioniste e rappresentanti di centrosinistra pronti a sostenere i vantaggi della liberalizzarne il consumo.
La presenza di dissidenti in entrambi gli schieramenti è più che una percezione, una certezza. Ma all’indomani dell’ultimo passo avanti in tema di legalizzazione della cannabis, nessuno ha intenzione di esprimersi «a microfoni aperti» su posizioni non in linea con quelle ufficiali del partito di riferimento. Perché il confronto a quattrocchi può anche essere franco, ma in pubblico sembrano ancora prevalere questioni di principio più saldamente radicate.
Dopo aver fatto scalpore qualche anno fa, il via libera all’uso farmacologico appare ormai digerito anche dai più conservatori: «Si tratta di un uso terapeutico di cui sono stati ben dimostrati i vantaggi, soprattutto nelle terapie del dolore – ammette il segretario cittadino della Lega Nord, – Il consumo in questo caso ha uno scopo preciso ed è sicuro perché avviene solo sotto lo stretto controllo e il costante monitoraggio del medico».
Dieci giorni fa è poi entrata in vigore una nuova legge che di fatto legalizza la coltivazione della cannabis anche a scopo agro-industriale, per la produzione di olio a uso alimentare e di fibre da utilizzare in bio edilizia, garantendo ottimi risultati e a impatto zero in termini di emissioni di anidride carbonica. Naturalmente le varietà di Cannabis legali sono quelle precisate da un’apposita normativa europea, che limita la concentrazione di Thc (il principio psicoattivo responsabile dello «sballo»
legato al consumo di cannabis), nei valori compresi tra lo 0,2% lo 0,6%. Un’apertura che sembra incontrare il favore degli operatori di settore in un paese come l’Italia che nel fino al secolo scorso era secondo solo alla Russia per coltivazione di Canapa (o Cannabis): 100 ettari nei primi del ’900 contro i 3mila ettari a Canapa del 2015, di cui solo 153 in Lombardia (il 500% in più rispetto ai 32 ettari del 2014). Fin qui tutti d’accordo.
«Ma non si faccia un passo in più – avverte Piatti – il consumo non va legalizzato». «Nel consumo di droghe, leggere o pesanti che siano, di ludico c’è poco – aggiunge – Comunque fanno male, e chi ne abusa può far danno a se stesso e agli altri». Stesso discorso vale per l’alcol «che però, purtroppo o per fortuna è già legalizzato da tempo», taglia corto l’esponente del Carroccio.
Su posizione opposta il giovane capogruppo del Pd : «La legalizzazione della Cannabis permetterebbe di togliere un sostentamento importante alla criminalità organizzata, come del resto ha affermato anche la Direzione Nazionale Antimafia in una nota ufficiale». «Ritengo che l’uso di cannabis rientri nel campo delle libertà di scelta del singolo – aggiunge – ripercussioni sociali negative sarebbero scongiurate da regole come quelle che limitano le conseguenze dell’uso di alcol».