VARESE Il tempo delle provocazioni e dell’amore travestito d’odio, dei sentimenti forti messi sul piatto sperando in reazioni altrettanto forti, ormai è finito. Se n’è andato chiuso nel bagagliaio di Fabrizio Castori, sepolto dal groppo alla gola di molti cuori biancorossi che ieri hanno visto squillare il telefono per sentirsi dire: «Sono Fabrizio e prima di chiudere le valigie volevo salutarti. Buona fortuna, ragazzo mio. E forza Varese».
Alcuni di loro avevano appena involontariamente pugnalato la panchina di Castori, giocando da sagome di se stessi o non risparmiandogli critiche gonfie d’orgoglio, eppure l’allenatore ha voluto lasciare proprio a loro la sua eredità. Il suo cuore. L’innato coraggio. E la capacità di compiere un gesto estremo, insospettabile, nonostante il posto perso (un posto che per lui era la vita), simbolico e indimenticabile. Quasi a infondere coraggio lui che se ne va a quelli che restano: chi ne sarebbe stato capace?
Sappiamo poco o nulla di Agostinelli, né ora c’interessa capirne qualcosa perché domani a Terni non sarà lui a decidere ma gli uomini che andranno in campo e la loro forza di volontà, la capacità di non dimenticare, il peso della coscienza. Qualcuno deve molto, se non tutto, a Fabrizio Castori. Qualcun altro gli deve l’onore delle armi, per essere stato un allenatore leale, diretto, onesto anche nelle esclusioni, nell’impopolarità delle scelte e negli errori.
Quell’umanità sofferta, quel rimbrotto spesso trattenuto, quegli abbracci mai negati, quella difesa pubblica dello spogliatoio, e perfino dei suoi mali oscuri (i cavalieri della notte) quando erano indifendibili davanti agli occhi di tutta la città, meritano che la squadra esca dallo stadio di Terni con quella vittoria e quei playoff in cui Castori crede perfino ora, escluso e lontano.
Noi, se abitassimo in quello spogliatoio, non riusciremmo a chiudere occhio, sentendo un peso sulla coscienza.
Il peso di chi pensa che il gioco e gli schemi, in una squadra, vengano prima dell’umanità. Il peso lasciato a Varese da chi ora può correre via, libero e leggero.
Andrea Confalonieri
p.rossetti
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