– «Dopo il voto, serve un’autocritica. Renzi rifletta: è il momento di unire». Si fa sentire da Gallarate l’ex premier , ospite del Maga dove ha presentato il suo libro “Andare insieme, andare lontano”. Riscoprendosi «ambasciatore» del Maga, visto che «non poteva esserci luogo migliore» per presentare il libro: Letta è rimasto molto colpito dalla struttura gallaratese.
Ad accoglierlo, oltre alla direttrice , al presidente e al sindaco , anche i segretari regionale e provinciale del Pd e , ma soprattutto , la vedova di , che ha accompagnato l’ex premier nella visita alla mostra dedicata in occasione di Expo allo stile del brand di famiglia.
«Per me Ottavio Missoni è sempre stato un mito, perché in gioventù anch’io facevo atletica, correndo i 400 ostacoli» ha esordito Enrico Letta di fronte alla platea riunita nella splendida sala degli arazzi.
Ma, come inevitabile, è stata la politica a farla da padrona nella chiacchierata con il giornalista .
Anche perché, come ha ricordato , l’ex consigliere regionale che ha promosso l’incontro, tra i big del Pd «abbiamo avuto Enrico più di chiunque altro in visita in provincia di Varese». Infatti, ha ammesso Adamoli, «Letta lo chiamo Enrico, mentre Renzi lo chiamo Renzi».
Ed è stata proprio la situazione politica al centro dell’attenzione, a pochi giorni da una difficile tornata elettorale per il Pd di : «Gli elettori ci hanno dato un messaggio, capiamolo – sostiene Letta – Una cosa che ho imparato è che gli elettori hanno sempre ragione: lo suggerisco a chi guida il Pd, non solo quando si vince ma anche quando si perde».
Per l’ex premier serve «un’intelligente autocritica». Al suo successore dice: «Renzi rifletta. È il momento di unire, di remare tutti nella stessa direzione. Non per zavorrare, ma perché i grandi risultati dell’Italia nascono sempre da grandi sforzi collettivi».
Eppure da Gallarate è arrivato un invito a Letta a non lasciare la politica: «Mi dimetto dal Parlamento, ma non dalla politica – spiega l’ex premier, avviato verso una carriera universitaria a Parigi – Non abbiamo colto, e io mi metto tra quelli, il grado di scossa e di cambiamento che si è verificato nella società italiana. Sono emerse la logica per cui la politica non si fa più per mestiere ma per passione, e la richiesta di un cambio radicale, testimoniata dal voto al Movimento Cinque Stelle».
Ecco perché Letta si è impegnato per lanciare «una scuola di politiche, per ragazzi tra i 19 e i 25 anni», che sono «la speranza per il futuro» del nostro Paese: «Sono liberi, intelligenti, preparati, aperti mentalmente e temprati da una vita che per loro non è facile».