L’ex assessore di Angera patteggia diciotto mesi

ANGERA Un anno e sei mesi di reclusione. È questa la condanna patteggiata ieri mattina da Ermanno Talamone e Pierpaolo Caso, legali dell’ex assessore Vincenzo Catalani, e dai sostituti procuratori titolari dell’inchiesta, Nadia Calcaterra e Mirko Monti.

Il patteggiamento è stato ratificato davanti al giudice per l’udienza preliminare Nicoletta Guerrero nell’aula del tribunale di Busto Arsizio.

Si conclude così, almeno dal punto di vista processuale, la vicenda che nella scorsa estate aveva interessato l’ex assessore di Angera. Pierpaolo Caso, avvocato dell’ex amministratore, spiega così le motivazioni della decisione. «Abbiamo deciso di patteggiare perché il nostro assistito potesse tornare il prima possibile ad una vita normale». Un modo per permettere a Catalani di tornare quanto prima al lavoro. «Noi continuiamo però a sottolineare la buona fede del nostro assistito. Ha agito per il bene della collettività, anche se nel modo sbagliato».

L’ex amministratore fu arrestato il 13 luglio, in fragranza di reato, dai carabinieri di Gallarate. I militari lo fermarono con un assegno da 2.400 euro tra le mani. Per lui, subito rimosso dalla giunta, l’accusa fu quella di concussione. A destare particolare curiosità fu il fatto che la mazzetta era corredata da una regolare fattura. I 400 euro ammontavano, infatti, al corrispettivo dell’Iva dovuta.

A pagare era stato un imprenditore locale. A lui Vincenzo Catalani aveva concesso, in cambio della somma di denaro, un permesso di passaggio per mezzi pesanti lungo una strada dove ai camion era di fatto vietato di transitare. Era stato proprio l’imprenditore a denunciare l’ex assessore con le deleghe alla Polizia locale, alla Sicurezza e allo Sport.

Secondo l’avvocato Caso, i fini dell’ex assessore non sarebbero stati quelli di trarre un beneficio economico personale, ma solo di aumentare la stima da parte delle altre persone per il suo operato. «Anche il tribunale del riesame di Milano ha riconosciuto come il fine delle sue azioni fosse il conquistare maggior prestigio agli occhi della collettività».

Catalani si è sempre difeso dicendo che quei 2.400 euro non erano una mazzetta ma una sponsorizzazione. Il modo con cui un privato aveva deciso di sostenere due associazioni sportive locali.

L’avvocato Pierpaolo Caso ribadisce quanto detto anche in passato: «Tutti sapevano». E fa capire che la faccenda, almeno dal punto di vista processuale, potrebbe non essere conclusa qui.

s.bartolini

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