Quando lo Stato fa un passo e il privato ne fa uno e mezzo: all’indomani dell’approvazione della legge sulle unioni civili, mentre saltano tappi di champagne, volano stracci e ognuno alza la voce per dire la sua, un’azienda del Varesotto annuncia con chiarezza e sobrietà l’estensione di quei diritti tradizionalmente riservati alle coppie etero – ovvero congedo matrimoniale, congedo per decesso o infermità del coniuge e congedo per gravi motivi familiari – alle coppie di ogni orientamento sessuale.
Identico trattamento aziendale per tutti i dipendenti, quindi: quelli sposati secondo tradizione, quelli uniti civilmente secondo la Cirinnà e anche quelli che negli scorsi anni, mancando in Italia una legge sui matrimoni gay, hanno dovuto sposarsi all’estero.
L’azienda in questione si chiama BTicino, è capofila del gruppo Legrand in Italia, conta 2800 dipendenti e opera nel campo delle infrastrutture elettriche e digitali dell’edificio. E in questi giorni di roboanti polemiche, vescovi sulle barricate, sindaci renitenti e omofobi ululanti, dà una lezione non solo di civiltà, ma anche di stile: lo Stato deve fare la sua parte, certo, ma il privato anche.
Attenzione, non si pensi che la decisione dell’azienda sia una trovata estemporanea per salire all’ultimo minuto sul carro delle unioni civili: l’estensione dei diritti a tutte le coppie è frutto, ovviamente, di lunghe trattative sindacali iniziate in autunno, quando l’approvazione della Cirinnà sembrava chimerica, o comunque lontana anni luce. Se l’accordo fosse stato siglato un mese fa, la BTicino avrebbe potuto dire di aver anticipato il Parlamento, con l’annuncio di ieri invece si è arrivati al traguardo insieme, ma l’azienda varesina dimostra comunque di essere di gran lunga avanti rispetto a diversi soggetti. Avanti, tanto per incominciare, rispetto ai sindaci renitenti (”disobbedienti” fa pensare alla disobbedienza civile, che è tutta un’altra storia) che assurdamente minacciano di non applicare una legge di quello stesso Stato di cui sono rappresentanti locali. Avanti rispetto al resto delle imprese italiane, visto che nel nostro paese a concedere benefit e permessi a tutti i dipendenti senza alcuna distinzione sono per lo più grandi multinazionali di stampo anglosassone. E, non ultimo, avanti rispetto a un territorio che sul tema dei matrimoni gay è da sempre poco sensibile se non apertamente ostile: i sindaci leghisti, se risponderanno alla chiamata alle armi di Matteo Salvini, saranno nei prossimi mesi impegnati in una crociata anti Cirinnà fatta di obiezioni e ostruzionismo; il primo gay pride della città è stato annunciato tra anatemi e schioppettate e subito qualcuno ha pensato bene di organizzare lo stesso giorno un’improbabile manifestazione di “orgoglio etero”; e in generale gli episodi di omofobia non sono rari. Ecco perché la decisione di BTicino è tre volte giusta e coraggiosa: non sempre le battaglie di retroguardia fanno proseliti, c’è anche chi guarda avanti e si prende la responsabilità di fare da battistrada.
Ribadendo un principio fondamentale, che il direttore delle risorse umane di BTicino Lucio Tubaro ha ricordato ieri a fine giornata: «La linea aziendale è di rigettare fermamente ogni tipo di discriminazione – ha detto – per i nostri dipendenti le unioni civili si tradurranno in un diritto vero, immediato e non abrogabile». Il tutto, naturalmente, a spese dell’azienda che si farà carico di tutti i costi relativi all’utilizzo dei permessi.