– A lezione di diversità. Un’indispensabile lezione: anche – e forse soprattutto – nel mondo della scuola, l’unica strada per non discriminare ciò che “non è uguale o simile” alla maggioranza dei casi rimane la conoscenza. E quando si parla di Dsa (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) uno sguardo più approfondito serve in primis a cambiare il lessico che li tratteggia: uno studente non “soffre” di dislessia (o di disortografia, o di disgrafia, o di discalculia, giusto per entrare nello specifico dei Dsa che riguardano anche la competenza ortografica,
la grafia o il calcolo). Uno studente “è” dislessico perché nel suo intelletto i meccanismi di apprendimento (nel caso della dislessia concernono la lettura) seguono schemi differenti da quelli della generalità dei compagni (in Italia gli studenti Dsa sono 186 mila circa, ovvero il 2,1% della popolazione scolastica). A pochi giorni dall’inizio delle lezioni, a Varese e in tutta la Lombardia, il convegno che si è tenuto ieri presso Palazzo Estense ha allora avuto ancora più valore, in grado – come è stato – di fornire metodologie e consigli utili al folto pubblico di docenti varesini presente ad assistervi. L’iniziativa – valida come formazione per gli insegnanti – è stata organizzata dall’Istituto Comprensivo Varese 2 Silvio Pellico e ha visto come relatore il professor , della Direzione Generale per lo Studente, l’integrazione e la Partecipazione del Miur di Roma. «La grande maggioranza dei docenti in Italia lavora bene – ha premesso Dell’Acqua – Solo alcuni non applicano la normativa vigente, creando problemi all’alunno e al sistema scolastico». Il Belpaese, come spesso capita, a livello legislativo è all’avanguardia rispetto agli altri Stati europei: l’impianto normativo, che parte dalla legge n.170/2010 e si propaga in una serie di provvedimenti secondari, è infatti esaustivo nel trattare la materia, dando agli operatori tutti gli strumenti utili – dall’iter di individuazione dei disturbi fino alle regole per lo svolgimento della normale vita di classe – per permettere a uno studente Dsa di affrontare un percorso di apprendimento che porti agli stessi risultati dei colleghi sui banchi di scuola. Il problema sta nell’applicazione universale: «Sono ancora troppi i ricorsi fatti dalle famiglie per il mancato rispetto del Piano Didattico Personalizzato (il “contratto” che fissa le tappe e appunto gli strumenti del percorso formativo dell’alunno Dsa ndr). Ricorsi che, puntualmente, il Miur si trova a perdere». Con un danno che ricade, manco a scriverlo, sull’intera collettività.